Dopo l’interessante esordio del controverso Hereditary (2018) e del sontuoso Midsommar (2019) che però a differenza di Hereditary non m’ha convinto, Ari Aster torna alla regia col suo film più ambizioso: Beau ha paura.

Imponente sia la durata (tre ore!) che il budget che comprende il protagonista, un top player come Joaquin Phoenix, a suo “agio” nell’interpretare personaggi così estremi (The Master e Joker giusto per citarne un paio).

È dannatamente complesso “raccontare” il film per via del suo svolgimento a “scosse”.

Siamo dalle parti del cinema dell’incubo, lo paragono ad altri due film che hanno un’impostazione simile: La Casa di Jack ed INLAND EMPIRE. Pur essendo, a parer mio inferiore a questi due, ha diverse cose in comune con entrambi (il cinema metafora, l’allegoria, il viaggio nella mente) ma, sempre secondo me, proprio come questi due ti resta dentro e sedimenta. È un film che va visto più volte…

Beau è un uomo di mezza età con problemi psichiatrici, è un fobico a 360°, ha semplicemente PAURA DI TUTTO ed in più vive in un quartiere malfamato dove scorrazzano serial-killer, ultraviolenti assortiti, un inferno (americano) a cielo aperto …o forse è solo quello che lui immagina e trasfigura.

Va regolarmente dallo psichiatra, ha il complesso di Edipo, il padre è morto durante il suo concepimento (!!!) la mamma (ve la raccomando) la vede ogni tot mesi, si abboffa di psicofarmaci… Non vorrei raccontare troppo. Già, perché i colpi di scena arrivano presto e la prima ora (l’ho adorata) è un delirio continuo. Accadono cose insomma e sono quasi tutte tanto assurde quanto sorprendenti, spiazzanti.

In tal senso c’è davvero da restare a bocca aperta. Solo che siccome il film dura tre ore, ad un certo punto, capita l’antifona pensi: “e adesso cosa accadrà?”. Beh non lo indovini praticamente mai, in tal senso Aster è molto abile a spiazzarti a confonderti volutamente e ripetutamente, anche perché non sai mai se sta accadendo veramente o se è Beau che… tuttavia il ritmo è infernale, sei quasi in un video-game. Cambiano le sequenze e cambia il registro, poi cambia il ritmo, rallenta e riaccelera. Il viaggio di Beau, paragonato già dai più ad un’odissea e ad una discesa negli inferi dantesca, non ammette soste. Eh già, perché non vi ho ancora detto che assistiamo al tutto attraverso il punto di vista di Beau e, credetemi, è davvero snervante e straziante.

La regia di Aster è da spellarsi le mani (di lui ne parla benissimo Martin Scorsese) oh… ma bravo bravo eh? Le sequenze dell’inferno metropolitano, la fuga nel bosco ed il delirante e lunghissimo pre-finale e finale giusto per citarne alcune, sono superbe. Anche il comparto sonoro e la colonna sonora sono eccezionali. Insomma, tecnicamente siamo a livelli altissimi. A livello di scrittura però, sono di nuovo rimasto deluso. Insomma non mi piace come “risolve” i suoi film, con questi deliri amplificati, enfatizzati. Sì, dato che tre su tre si è mosso così, è un po’ il suo marchio, il suo stile direi a questo punto, però mi lascia interdetto, mi fa storcere un po’ la bocca.

Peccato (almeno per me) perché questo è il mio punto di vista.

Il film merita la visione? Assolutamente, davvero un gran film. Originale, pieno di idee, di sorprese (che però ripeto in tre ore potrebbero stancare). Insomma c’è tanta, tanta roba in Beau ha paura.

Ah, quasi dimenticavo di dire che Aster ci infila dentro pure diversi momenti “comici” che però mi han lasciato perplesso.

Comunque è un bel viaggione. Consigliatissimo.

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