L'estate, si sa, è periodo di horror al cinema. il torpore estivo viene spezzato da sangue e urla e paura - c'è una ragione sociologica per questo, mi pare di aver letto in qualche articolo anni fa. Ma in ogni caso, da qualche anno a questa parte, il genere horror è cambiato: certo, gli splatter esistono ancora, così come i sequel di altri horror di successo, e anche esempi più estremi e borderline, ma a questi si è aggiunta una manciata di titoli che si sono guadagnati fama a livello internazionale, anche in circuiti più 'alti' di quelli normalmente destinati ai film di genere.

L'ultimo esempio è Midsommar, diretto da Ari Aster, uscito lo scorso luglio nelle sale USA, e poco dopo in Italia. Aster è già famoso per aver diretto Hereditary, un altro film horror acclamato dalla critica, da cui deriva una buona dose di attesa e pubblicità per il suo ultimo lavoro. In Midsommar abbiamo una trama sicuramente già vista: un gruppo di amici in vacanza in un villaggio remoto e isolato, in cui a breve cominciano ad accadere episodi inquietanti. Non si tratta, però, di fenomeni paranormali, al contrario, sono gli esseri umani a farla da padrone.

''Midsommar - Il villaggio dei dannati',' recita la traduzione italiana: ecco, dannati non sono affatto, almeno non nel senso letterale del termine. Gli abitanti di Harva, una comune nella regione dell' Hälsingland, a nord di Stoccolma, vivono in un ambiente bucolico e incontaminato onorando tradizioni e rituali millenari, e celebrano in maggio la festa di mezza estate, il Midsommar, che però, una volta ogni novant'anni, è una festa grandissima, unica, accompagnata da celebrazioni sacre. Uno dei ragazzi originario della comune, ma che ora studia negli Stati Uniti, invita i suoi amici, ad assistervi. I quattro ragazzi partono così alla volta della Svezia, insieme a Dani, la fidanzata di uno di loro, che ha da poco subito una tragedia familiare che è forse l'unico motivo per cui la loro relazione va avanti. Nell'accostarsi alla comunità locale, da subito assistono al radicato senso di appartenenza di una comunità che sembra allo stesso tempo chiusa e aperta: l'apertura è a volte dettata da ragioni pratiche, come impedire l'incesto. Nella comunità, il ciclo vitale viene visto come il susseguirsi delle stagioni: primavera fino a 18 anni, estate fino ai 36, autunno fino ai 54, inverno fino ai 72. ''Che succede a 72 anni?'' chiede Dani, e la battuta evasiva che riceve in risposta adombra una inquietante, possibile, soluzione. I festeggiamenti si susseguono in un crescendo di orrore e stupore, che ingloba ed annienta i partecipanti esterni. Alla fine, alcuni elementi sembrano ripresi dalle trame del genere, con qualche cliché che si ripete. Ma dopotutto è sempre così: tutto quello che vediamo è in fondo già visto, oppure immaginabile, tranne, in pochi, preziosi, casi. Midsommar non è uno di questi, secondo me, ma la sua potenza visiva e l'eleganza stilistica lo confermano come un horror (che è anche questa, poi, un'etichetta a volte limitativa) superiore alla media.

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