Ari Aster, giovane regista cinematografico statunitense, conferma la sua bravura ed il suo talento nel secondo lungometraggio horror: “MIDSOMMAR: il villaggio dei dannati”.

Aster esordisce nel 2018 con il controverso, imperfetto ma senza dubbio notevole e spaventoso “HEREDITARY: le radici del male”.

Anche il suo secondo film, uscito nel 2019, ha una durata che è considerata eccessiva per il genere horror: 147min - Hereditary 127min - tuttavia, MIDSOMMAR conferma la grande ambizione del giovane cineasta il quale si cimenta in un genere a sé stante nel panorama cinematografico, il genere horror, con una forte connotazione autoriale.

Per farla breve c’è questo gruppo di ragazzi americani. Un amico del ragazzo di lei (la protagonista, bellissima e dolcissima) è mezzo svedese e organizza un viaggio vacanza/studio per partecipare a un particolare festival folkloristico, organizzato dalla sua famiglia, che celebra la metà dell'estate il “MIDSOMMAR” appunto.

Il film è piuttosto noioso nel lungo prologo (dove lei ha pure un brutto trauma cose di disgrazie familiari atroci. Questo tema viene introdotto, all’inizio, i ragazzi sono ancora in America, ma non sviluppato, tutto ciò non ha senso per me, Ari che ce l’hai messa a fare sta mazzata iniziale?) ma è costruito e studiato in modo accorto. Via via che procediamo in questo incubo di mezza estate nell’assolata e solitaria campagna svedese, vengono introdotti elementi inquietanti, inusuali, bizzarri. Elementi scenografici, alberi, fiori, piante, costruzioni, gli abiti degli abitanti del villaggio, i loro, fin troppo, curiosi comportamenti. È fin da subito ben chiaro che la solenne cerimonia, che si tiene ogni 90 anni, è maledettamente importante per questi campagnoli biondastri invero sempre gentili ed educati.

Se sulle prime i ragazzi, sebbene fin da subito turbati, accettino le stravaganze, gli usi ed i costumi dei locali scandinavi, col passare del tempo l’atmosfera si fa sempre più pesante, strana, troppo strana anche per essere una cerimonia antica e solenne, anzi diciamo pure che si avverte in modo preponderante il tema del culto pagano, del rito, dell’occulto.

Per gli amanti del genere, è immediato il rimando ad un film di culto inglese del 1973, il magnifico ed indimenticabile: “The Wicker Man” con il quale condivide molti aspetti, forse fin troppi, ma non si tratta certo di una scopiazzatura, semmai di un’ispirazione.

Come nel suo primo film, il ritmo di MIDSOMMAR è, per dirla in termini tipici del genere musica classica, un “crescendo”. Se si ha la pazienza di “resistere” al prologo, a mio avviso fin troppo lungo, si viene ripagati e coinvolti man mano che Aster scopre e gioca le sue carte.

Di nuovo, come in Hereditary, il finale è potente, di grande impatto ma mentre in Hereditary Aster sbraca e vira verso il sovrannaturale demoniaco, con gente sospesa a mezz’aria ecc. in MIDSOMMAR resta nel mondo reale, nessun diavolo, non ci sono evocazioni al maligno et similia.

Sebbene meno spaventoso rispetto ad Hereditary, Midsommar è però più ambizioso, più maturo, più compatto e pensato e studiato in termini di scrittura e realizzazione. Ottima la regia che spazia da piani sequenza ad inquadrature dall’alto o contromano, campi lunghi. Poco incisiva la recitazione in generale, i giovanotti non lasciano il segno anche se la protagonista è bravina, ma viene dato ampio spazio agli abitanti del villaggio e tra di loro qualche vecchia volpe c’è, suppongo siano attori svedesi esperti che ne so.

Infine, se Hereditary è pure-horror, quindi non adatto a chi non ama il genere, Midsommar è più trasversale e potrebbe piacere anche ad un semplice amante del cinema.

Per concludere direi che il primo è senza dubbio più spaventoso ma questo gli è venuto “meglio”. Se nel terzo film, che ci auguriamo vivamente esca quanto prima, covid-delcazzo permettendo, Ari Aster riuscirà a conciliare le due cose potremmo assistere ad un capolavoro.

Carico i commenti... con calma