Un popolo di poeti di artisti di eroi
di santi di pensatori di scienziati
di navigatori di trasmigratori
.... e di scultori
Questa è l'iscrizione che dovrebbe troneggiare sul palazzo della Civiltà Italiana a Roma.
Sorvolando sul significato di trasmigratore (e sulle "V" al posto delle "U"), quello che stupisce è appunto la mancanza di una disciplina che tanto l'Italia ha contribuito a far diventare grande dando i natali ad alcuni tra i più grandi scultori e scalpellini di sempre: Michelangelo Buonarroti, Antonio Canova, Gian Lorenzo Bernini, ecc.
Ma tra tutti i grandi scultori che hanno lavorato nelle corti e nelle chiese di mezza Italia, lasciando a noi un patrimonio di inestimabile valore artistico, uno in particolare ha da sempre attratto la mia attenzione per la sua straordinaria modernità e per il suo colto classicismo: Arnolfo di Cambio, o più propriamente Arnolfo di Lapo.
Nel 1277 Arnolfo di Lapo realizza un'opera destinata a passare alla storia: il ritratto di Carlo I d'Angiò infatti, originariamente collocato nella chiesa di Santa Maria in Aracoeli e oggi conservato ai Musei Capitolini, rappresenta in occidente la prima rappresentazione realistica di una personalità vivente diversi secoli dopo la fine dell'era classica.
Arnolfo di Lapo realizza una statua in marmo in cui si fondono senza soluzione di continuità l'impassibile maestosità propria della celebratività scultorea arnolfiana e un sobrio realismo che riporta la memoria al tardo arcaismo scultoreo della penisola.
Arnolfo rappresenta il Carlo I d'Angiò in tutta la sua tragica e mortale fisicità (le profonde rughe), fondendo insieme elementi araldici e simbolici (il trono dai protomi leonini è un rimando a Luigi VIII re di Francia, padre di Carlo, detto appunto il Leone).
La squadratura dei tratti somatici e il sorprendente gioco di richiami alla maestosità romanica, l'alternarsi tra masse plastiche e superfici levigate fanno di questa opera un ponte di congiungimento tra la classicità (data dalla forma) e la modernità (dei contenuti).
Non resta altro da dire su di un'opera ed un artista per i quali non saranno mai spese abbastanza parole, quindi W ARNOLFO DI LAPO.
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