Un'opera d'arte è tanto più grande quanto meglio riesce ad esprimere ciò che il suo autore ha dentro, e a volte riesce ad esprimere molto di più. Non importa quindi lo strumento che si usa per fare arte, né come ci si arriva, l'importante è il fine raggiunto. Un'opera d'arte può essere anche brutta, può non corrispondere al proprio umore e alle proprie attitudini, questo è indipendente dalla sua grandezza, per questo si può fare una canzone anche con rumori o monumenti con rifiuti.

La grandezza di Arvo Pärt sta nel fatto che le parole chiave della sua musica sono "semplicità", "silenzio","bellezza","profondità". Riesce, come spesso i più grandi artisti, ad emozionare profondamente con sobrietà e umiltà.

Arvo Pärt chiama il suo stile tintinnabuli e dice a riguardo: "I tintinnabuli sono una zona in cui a volte vago quando sto cercando delle risposte -sulla mia vita, sulla mia musica, sul mio lavoro. Nelle mie ore buie, ho la certa sensazione che ogni cosa al di fuori di questa unica cosa non ha significato. La complessità e la multi-sfaccettatura mi confondono solamente, e devo ricercare l'unità. Ma cos'è questa unica cosa? E come posso trovare la mia strada verso di essa? Tracce di questa cosa perfetta appaiono in molte sembianze -ed ogni cosa che non è importante scivola via. Tintinnabuli è così. Eccomi solo col silenzio. Ho scoperto che è abbastanza quando anche una sola nota è magnificamente suonata. Questa unica nota, o un battito calmo, o un momento di silenzio, mi confortano. Lavoro con pochissimi elementi -una voce, due voci. Costruisco con i materiali più primitivi -con l'accordo perfetto, con una specifica tonalità. Tre note di un accordo sono come campane ed è perciò che chiamo questo tintinnabuli".

Arvo Pärt nasce l'11 settembre 1935 a Paide in Estonia senza avere un preciso insegnamento religioso. Diventa allievo di Heino Eller al conservatorio di Tallin. Vivendo durante il regime sovietico ha pochi contatti con le avanguardie musicali europee e americane. Verso i trent'anni entra in contatto con la scuola di Darmstadt. Da qui diventa grande amico di Luigi Nono. Pärt diventa il primo compositore estone a sperimentare e diffondere le tecniche seriali nel suo paese insieme con la dodecafonia. Ma in breve non soddisfatto da queste tecniche, si rende conto che l'atonalità non era lo strumento giusto per esprimere le sue esigenze musicali. Si dedica quindi agli studi sul canto gregoriano e sulla musica barocca, Bach diventa la sua passione e il suo mito insuperato. Dopo un periodo di crisi creativa iniziato verso la fine degli anni '60, matura quella che è la sua idea di tintinnabuli e musica sacra.

"Questo è il mio obiettivo. Il tempo e il senza-tempo sono connessi. Questo istante e l'eternità stanno lottando fra di noi. E questa è la causa di tutte le nostre contraddizioni, la nostra ostinazione, la nostra mentalità limitata, la nostra fede e la nostra angoscia".

Arvo Pärt è uno dei pochi e più grandi compositori di musica sacra del ‘900, quella sacralità immersa nel materiale e aggiornata nel secolo in cui Dio è morto e dove l'artista esprime il bisogno dell'uomo "moderno" di una spiritualità profonda, e la sua personale constatazione dell'esistenza di un Dio, in un clima culturale relativista che in quanto tale non può permettersi di negarlo. I suoi lavori sono "opere della sofferenza", quella sofferenza vera e profonda rappresentata dal sacrificio di Cristo per l'umanità, che non può quindi essere ricreata artificialmente, ma che ognuno può trovare dentro di sé quando si trova a dover "portare la croce".

"Non sarebbe stato difficile per gli apostoli aver vissuto nell'Unione Sovietica. E lì ci sono persone meravigliose come loro. L'eroismo può fiorire in quel clima. Ma non è assolutamente necessario per le persone vivere sotto tali condizioni. Forse [la sofferenza] è più importante per qualcosa che avviene dentro di noi, al di fuori del nostro stesso libero arbitrio. Ciò fa differenza nel modo in cui si pensa se uno sia affamato o sazio. Dovremmo diventare tutti affamati per quella ragione? Esiste per noi un livello più alto dell'essere affamati o sazi. Non dovremmo permettere a noi stessi di affondare in queste due alternative estreme".

Dopo il periodo di crisi, nel '77 l'autore risorge con nuove composizioni: "Tabula Rasa", "Fratres" in due versioni, e "Cantus In Memoriam of Benjamin Britten". Questi brani furono pubblicati dall'etichetta ECM nel 1984 nell'album "Tabula Rasa" con musicisti illustri: Gidon Kremer al violino, Keith Jarret al piano, Tatjana Grindenko ancora al violino e Alfred Schnittke al piano preparato; con la partecipazione inoltre di varie orchestre. Questi brani sono emblematici dello stile di Pärt, è una musica che viene dal paradiso, che richiama il passato ma che trasporta verso qualcosa di mai sentito prima. E' quella musica semplice e ascetica come un eremita, fatta di pochi elementi ma capace di prendere al cuore, di segnare profondamente l'ascoltatore regalandogli un'esperienza profonda e impossibile da dimenticare, è sicuramente una musica che può cambiare.

Queste composizioni rimangono a mio avviso tra le più alte opere d'arte del secolo scorso, di cui mi risulta veramente difficile parlarne essendo troppo riduttiva e incompleta qualsiasi cosa riesca a dire. Non posso che invitarne all'ascolto essendo un dialogo intimo con sé stessi.

Riguardo al brano "Tabula Rasa", Pärt dice: "Sono sempre impaurito dalle nuove idee', dissi a Gidon. ‘Pensi che debba essere un pezzo lento?', Gidon disse:'Sì, certamente!'. E il pezzo fu terminato piuttosto velocemente. L'orchestrazione richiama un pezzo di Alfred Schnittke che stava per essere eseguito nello stesso periodo a Tallin. È musica per due violini, piano preparato e archi. Quando i musicisti videro il risultato gridarono:'Dov'è la musica?'. Ma finirono per suonarla molto bene. Fu molto bello. Fu tranquillo e bello".

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