Diciamolo pure: il modo di ascoltare musica, è oggigiorno parecchio cambiato. Ci si affida molto spesso alla rete, con l'aggravante che ti ritrovi ad assimilare un sacco di roba in pochissimo tempo. Ecco perché rischi di dimenticare tutto, già il giorno dopo...

Certo, poi ci sono quelli che restano fedeli ai formati "da camera", come Cd o vinili; resta il fatto che l'ascolto in Internet, effettivamente qualche utilità ce l'ha: ti permette di ascoltare gratis (o quasi), la musica che ti attrae, proteggendo portafogli e carte prepagate da prodotti che al termine dell'ascolto, potrebbero rivelarsi indesiderati e maledetti.

Ecco con gli Ashbury, mi è capitato l'esatto contrario: mi sono mangiato le mani! Sono infatti uno di quelli che predilige l'edizione fisica di un determinato album, mi piace vedere il miei mobili colmarsi di anno in anno, mi piace toccare con mano il frutto della mia sempre acerba conoscenza musicale.

Quanto vorrei avere preso questo disco a scatola chiusa. Non è un capolavoro, intendiamoci. Ma ho avuto davvero una bella sorpresa.

Della band si sa molto poco - come underground vuole - a parte che si tratta di un progetto messo in piedi alla fine degli anni settanta, dai fratelli Rob e Randy Davis; che questo Endless Skies, è del 1983; e che infine si presenta in tutta la sua scarsa fama, come uno dei lavori più interessanti di questa velata realtà musicale.

Guardando l'artwork e udendo l'epic cavalleresco dell'opener The Warning, mi è sembrato che i musicisti volessero cavalcare l'onda dell'allora nascente metallo epico, che cercassero cioè d'imitare - in forma più leggera - stile e gesta dei vari Manilla Road, Cirith Ungol, e compagnia bella...ma non è proprio così!
Vero che molte band all'epoca avevano già seguito l'evoluzione della musica pesante, convertendosi dall'hard rock all'heavy metal; gli Ashbury però preferirono rimanere un passo indietro, e non spingere troppo sulla potenza.

Endless Skies si potrebbe infatti facilmente descrivere come un omaggio a Blackmore e ai suoi Rainbow. A parte la "tamarraggine hard rockettara" che effigia Take Your Love Away e l'anonimato strumentale che costituisce No Mourning, il disco riesce a mantenere quel feeling evocativo e stregonesco che tanto richiama la magia di Rising.

Com'era prevedibile, la sessione ritmica non viene mai colta da manie di protagonismo, e lascia dunque che i fratelli Davis facciano il loro sporco lavoro alle chitarre: il piatto forte di questo disco!

Riff "Sabbathiani" e sognanti guitar solos, si alternano a introduzioni e intermezzi acustici, dal retrogusto fiabesco, quasi "Andersiano" e sembrano anticipare paradossalmente, l'atmosfera dei Blackmore's Night: ascoltare Twilight per credere. Molto belle pure le parti vocali, soprattutto nei chorus delle rispettive MadMan e Mystery Man. Produzione nitida e degna di nota, anche pensando che stiamo parlando di un disco emerso dal sottosuolo musicale.

Ripeto, mi son mangiato le mani! Ora mi direte voi che cosa ne pensate del disco. Personalmente, dopo giorni di ascolto, posso dirvi che alla prossima fiera del disco, guarderò molto attentamente nella sezione album rock, lettera A...


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