Si continua sulla scia dell'EP di esordio, ma stavolta pensandoci, non mi viene in mente solo l'aggettivo plumbeo, ma anche lapidario, veloce, folle, tecnico. Questo secondo passo del gruppo appare cosi, ed è un ottimo punto di partenza per conoscerli, anche se (de-gustibus alla mano) i lavori successivi sono stati decisamente superiori. I pareri in questa sede infatti, possono benissimo dividersi, perchè secondo molti punti di vista, un album d'esordio come questo contiene elementi imprescindibili e mai più rivisti nei lavori successivi, che possono di diritto essere considerati fondamentali per attribuire al lavoro il titolo di miglior album della band. Ma, obiettivamente poi, hanno fatto molto meglio di quanto suonato in questo disco, in quanto sebbene il songwriting non manca di avere ottimi spunti, si focalizza comunque su di un death oscuro e prevalemente tecnico, senza mezzi termini.

Rispetto a "Gardens Of Grief", qui non troverete suoni sulfurei e ingrigiti, ma chitarre lanciate, drumming in continua evoluzione con repentini cambi di tempo e una voce più ruvida e dal tono più alto (orrenda per i miei gusti), che si avvicina di più allo standard degli album che seguiranno, ma che conferisce un carattere cavernicolo al lavoro. Non mancano idee compositive e in solchi come "The Scar" fatto solo di chitarra e voce, che suona molto pacata per circa un paio di minuti vi si ritrova quello che poi è stato elaborato con grande saggezza negli album successivi in pezzi strumentali quali "And The World Returned" e "Into The Dead Sky". In fondo si può dire che il tutto, non è cosi distante da quella che è la linea su cui gli At The Gates successivamente hanno operato, ma comunque è un disco meno maturo, e tra l'altro la registrazione (non proprio hi-fi) non mette in risalto quanto suonato.

Resta di fatto un album con caratteristiche interessanti che lo rendono appetibile a chi apprezza il genere, e potrebbe dividere i fans in due opposte fazioni, quelli a favore della prima era, e quelli della seconda: alle vostre orecchie l'ardua sentenza.

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