L’importante novità portata dal sestetto georgiano, tra il suo esordio discografico del 1972 e questo secondo album dell’anno dopo, è il cambio di frontman. Rodney Justo se ne va e arriva il piacevolissimo Ronnie Hammond col suo timbro caldo e genitale, perfetto anche per la casalinga disperata di Macon, o di Jacksonville… oltre che ovviamente per tutti i country/blues/rocchettari d’America e, in misura minore, del resto del mondo. Lo charme di Hammond permette infatti al suo nuovo gruppo di indugiare da subito in qualche ballata rhythm&blues o folk blues, a intramezzare l’abituale blues rock sudista. La migliore di esse è “Conversation”, veramente seducente.

Il non-potete-neanche-immaginare-quanto-è-bravo solista Barry Bailey comincia in queste canzoni ad approcciare (senza raggiungerli ancora) gli altissimi livelli che gli diventeranno abituali. Il suo stile chitarristico melodico e avvolgente, la sua padronanza delle dinamiche, il suo tocco personale e intenso mi hanno scavato l’animo e riempito il cuore di ammirazione da subito, e per sempre. La definizione di sottovalutato gli calza a pennello. Bailey lo è cosmicamente, astralmente, galatticamente.

Il chitarrista si era affezionato sin da giovanotto alla non molto diffusa Gibson Les Paul Deluxe, “ferro” che lo ha accompagnato in studio e sul palco per tutta la vita. E' un modello di chitarra che pochi hanno scelto come compagna del proprio fare musica, sovrastata da sempre dalle “sorelle” Standard e Custom e con un timbro più chiaro e “legnoso” rispetto ad esse. Ha avuto molta meno fortuna, ma è una Les Paul vivaddio, e poi in questo caso è proprio nelle mani giuste. Sottostimata la chitarra, sottostimato il chitarrista…

Altro che Clapton! Se mi deve venire in mente uno che ha riempito la mia fantasia e generato la mia stima in contrapposizione alla scontata, populistica figura del celebre ex della Del Santo (sic!) ecco… Barry era l’uomo giusto. Lui ha lasciato questo mondo tre anni fa, invaso e vinto dalla sclerosi multipla. Aveva dovuto mollare gli ARS già una quindicina d’anni prima, menomato nella sua arte dalla crudele malattia. Tracce del suo talento si possono qui sentire nell’iniziale “Wrong”, nella bitematica e lirica “What You Gonna Do About It?”, ma soprattutto nel southern rock’n’roll che intitola l’album il quale diventa, da questo momento, un numero fisso nei loro concerti.

Non ci siamo ancora certamente come livelli di eccellenza in questa seconda uscita della ARS; siamo ancora nell’ambito del buono, del convincente, ma un pelo anonimo e non facilmente memorabile. Verranno di lì a poco ben altri pezzi di bravura, collezioni di canzoni per buona parte stupende. Per ora ancora tre stelle abbondanti di giudizio, ma è l’ultima volta. Sta per cambiare la musica (cioè: resta la stessa, ma composta, arrangiata e suonata a un livello superiore).

Elenco e tracce

01   Wrong (02:39)

02   Cold Turkey, Tenn. (03:12)

03   Will I Live On ? (02:46)

04   A Livin‘ Lovin‘ Wreck (03:03)

05   Superman (03:20)

06   What You Gonna Do About It ? (02:54)

07   Conversation (03:23)

08   Redneck (03:43)

09   Make Me Believe It (03:12)

10   Back Up Against The Wall (03:17)

11   It Must Be Love (04:00)

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