I ragazzi di Doraville sono loro, i sei musicisti del gruppo effigiati in copertina, per una volta non disegnata e che rinuncia pure al loro bellissimo logo ARS, sostituendolo malamente a mio vedere. Lo studio di registrazione dove si sono conosciuti e poi messi insieme realizzandovi tutti i loro dischi sin qui (visto che apparteneva al loro produttore), si trova(va) in questa cittadina georgiana immortalata nel titolo, appena fuori Atlanta un po’ come Monza rispetto a Milano, o Tivoli per Roma.
In primo piano ci sta guardando il frontman Ronnie Hammond, quello dalla voce sexy ancorché sufficientemente forte e grintosa da imporsi anche sopra la spinta rock dei compagni. Il cicciobello occhialuto è il bassista Paul Goddard, affezionato per la vita al suo Rickenbaker che non è esattamente uno strumento da southern rock (è quello che usa McCartney, che usava Chris Squire negli Yes…) ma tant’è, lui lo sa far rendere benissimo.
I due chitarristi del gruppo sono dietro al cantante. Il fuoriclasse Barry Bailey sta a sinistra mentre la sua validissima spalla J.R.Cobb, specialista della slide guitar, è il baffo al centro della foto. Il corpulento pianista Dean Daughtry è invece sullo sfondo, quello con la zazzera volante, e sopra di lui sta arrampicato il nuovo batterista giacché quello originario se n’è andato, perché voleva fare solo rock e non gli piacevano le ballate cattura-gnocca di Hammond.
Il disco è un passo indietro rispetto agli ultimi due, tre, quattro lavori precedenti. Pur tuttavia contiene un paio di gemme, la più fulgida delle quali s’intitola “I Ain’t Much”: che dire… rotola sapiente e suggestiva dal primo all’ultimo secondo, ripiena di una musicalità calda ed energica, vibrante, giusta, nobile.
L’altro contributo distintivo “Putting My Faith in Love” è meno mirabilmente scorrevole dell’altra ma ugualmente ripiena di melodia, fascino e attributi virili. Si muove in maniera più discontinua, con esitazioni e riprese fa la sua bella figura. Encomiabile comunque anche “Next Year’s Rock’n’Roll”.
Il disco vende assai meno dei precedenti. La casa discografica Polydor, che si era abituata troppo bene, provvede prontamente a scaricarli senza troppi complimenti. D’altronde è il 1980 e c’è da andar dietro alla novella New Wave… Ma va a cag…! (Prendo a prestito una pubblicità Assi Auto, col tipo che ferma a metà l’improperio perché la figlioletta è lì che ascolta).
Solo quattro stelle, ma è un episodio. Verranno nuovi grandi album, anche se purtroppo la popolarità della band prende d’ora innanzi una china discendente, che non riusciranno sostanzialmente ad arrestare.
Elenco e tracce
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