Album di esordio per questa one-man band che risponde al nome di Atrium Carceri (già il nome è tutto un programma). È un album difficile, ostile, ossessivo e claustrofobico, ma altrettanto geniale, innovativo, emozionale ed incantevole.

Qui non si parla di melodie, ma di suoni/rumori oscuri e dilatati all’inverosimile, che sembrano circondare l’ascoltatore, facendolo sentire solo e a disagio. A volte compaiono flebili tastiere che si intrecciano con suoni metallici, cupi.

Sembra davvero di essere in un carcere ascoltando questo album, l’isolamento è al massimo esponente e la disperazione pervade l’animo. La copertina valorizza questo mostrandoci l’atrio di un carcere con le mura in rovina.

Complimenti straordinari a Simon Heath, padre di questa angosciante creatura, e complimenti alla Cold Meat per aver reso possibile la pubblicazione di tale capolavoro. Non credo di aver mai sentito un album così coinvolgente anche se per certi versi “malato”. Strepitoso, irripetibile, insuperabile. Tutto qui. Ora vi lascio. È tardi. Le porte del carcere si stanno chiudendo…

Elenco tracce e video

01   Entrance (02:04)

02   Black Lace (04:00)

03   Machine Elves (04:17)

04   Corridor (02:28)

05   Blue Moon (03:16)

06   Stir of Thoughts (03:19)

07   Depth (03:41)

08   Crusted Neon (04:11)

09   Halls of Steam (04:57)

10   Reborn (03:39)

11   Red Stains (02:55)

12   Inner Carceri (04:10)

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