Anno 2005: gli Autechre sono tornati. Due anni dopo "Draft 7.30", capolavoro indiscusso che più di tutti gli altri lavori aveva sintetizzato le innovazioni post "Tri Repetae++" delle sonorità del gruppo, i due folli manipolatori di suoni Sean Booth e Rob Brown tornano alla ribalta, infatti, con "Untilted" (Warp, 2005), ottavo album di una carriera più che decennale che, nel corso del suo svolgimento, ci ha regalato opere imprescindibili per l'evoluzione dell'elettronica della passata decade, come "Incunabula", "Amber" e l'epico e già citato "Tri Repetae++".

"Untilted" è senza dubbio un album di difficile definizione che, nelle sue otto tracce, vede il tentativo di fondere in un unico progetto i moderni sperimentalismi di "Draft 7.30" con l'ambient-techno e l'IDM degli esordi. "Tesi verso il futuro, ma con uno sguardo al passato", questa è la frase che sembra affermare il duo di Manchester, insomma, e dopo due anni di lavorazione il risultato si può considerare quasi pienamente raggiunto.
La prima parte dell'album è quella che maggiormante si accosta alle sperimentazioni degli ultimi anni, ostiche frammentazioni ritmiche, fruscii impercettibili e riverberi oscuri ed inquietanti la fanno da padrone in tracce come l'iniziale "Lcc", "Ipacial Section" e la trascinante "Augmatic Disport". Tuttavia, non si ripete il miracolo del precedente lavoro e, seppur ottima, la cerebralissima ricerca sonora degli Autechre sembrerebbe essere giunta ad un punto morto.
Continuando su questa linea si rischierebbe di perdere definitivamente la suggestione degli esordi, sconfinando in un laboratorio musicale si raffinato ed intrigante, ma fine a sé stesso.
Ed ecco, allora, che arriva la svolta che non ci si aspetta. Nella seconda parte del disco, infatti, ritornano quelle sonorità che avevano proiettato Brown e Booth nell'olimpo della musica elettronica, arrivano batterie regolari e atmosfere più consone all'intelligent-techno del passato, che fanno risplendere pezzi come la magnifica "Iera", il singolo "Fermium" o la coinvolgente "The Trees".
E' questo il momento migliore di "Untilted", che culmina nella conclusiva ed infinita "Sublimit", dove vecchio e nuovo vanno a formare un unicum dalla intensità ammirevole. E' come se in 15 minuti scorresse l'intera carriera degli Autechre, una progressiva ipnosi deviata che sfocia negli ultimi minuti della composizione, in cui i battiti si fanno sempre più irregolari e schizoidi, l'atmosfera più rarefatta, per quello che si potrebbe considerare come una degna conclusione di un iter durato più di 14 anni. Gli Autechre, in definitiva, fanno ancora centro, e lo fanno con un album ambizioso e riuscito che, pur posizionandosi una spanna sotto l'epocale "Draft 7.30", metterà d'accordo tutti, i fan dell'ultima ora e i nostalgici del passato, in un fluire unico ed irripetibile che solo la band inglese riesce a realizzare.
Promossi, ancora una volta.

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