"Per sapere quanti sono non basterebbe
contare i granelli di sabbia e moltiplicarli
per il numero delle stelle nel cielo..."

No, tranquilli, non siete finiti su "La Posta del Cuore" di Leggo né troverete di seguito il conteggio aggiornato degli uomini di Paris Hilton (sic!): la spropositata quantità di cui sopra era solo un'approssimazione (per difetto) del numero di dischi melodic-death metal usciti dopo l'esplosione del Gothenburg sound a metà degli anni '90...

A questo filone sono ovviamente ascrivibili anche i qui presenti Avatar, quintetto svedese che, dopo l'acerbo debut "Thoughts Of No Tomorrow", si ripresenta sulle scene pronto a dare battaglia (Schlacht in tedesco) per conquistarsi una posizione in prima linea all'interno dell'affollatissimo panorama del genere portato alla ribalta dai loro più illustri connazionali.

Missione compiuta? A meno che non stiate leggendo queste righe alla ricerca di notizie sull'ereditiera più famosa del pianeta probabilmente già saprete che una mission del genere è davvero "impossible", ma va dato atto ai Nostri di aver confezionato un lavoro gradevole all'ascolto, in virtù di un songwriting che, pur pagando pegno ai maestri del genere (In Flames, Dark Tran... ma che ve lo dico a fare?), riesce a non scadere nel plagio più efferato (chi ha mai ascoltato i Divine Souls sa di cosa sto parlando).

La band piazza in apertura le due migliori cartucce del lotto, ovvero la terremotante "Schlacht" e la saltellante "Wildflower", sulla quale è tatuato il trademark di Stromblad e soci: quando inizio a pensare che al mixer si sia seduto Ethan Hunt, ecco invece arrivare la più ordinaria "All I Wish Is Black" (il cui maggiore merito è quello di di ricordami nel titolo i migliori Pearl Jam...) ed una sensazione di deja-vu che inizia a farsi più insistente in occasione di "4 AM Breakdown", per non parlare dell'intro acustica di "As It Is", che sarebbe un eufemismo classificare come un semplice richiamo alle atmosfere di Whoracle...

La seconda metà della tracklist prosegue nella stessa direzione senza riservare grandi sorprese: velocità sostenuta, doppia cassa a manetta, lead melodici a profusione, screaming mai troppo abrasivo e grandi chorus da cantare a squarciagola... niente di nuovo sotto il sole, ma l'amalgama funziona molto bene in canzoni come "One/One/Three" (la più Bodom oriented), "Die With Me" (molto vicina alle atmosfere cupe degli Insomium) o l'ottima accopiata finale "The End Of Our Ride" e "Letters From Neverend" (in cui compare anche Bjorn Gelotte degli omnipresenti "In Flames").

La storia del melodic death è già stata scritta meglio da altri prima di loro, tuttavia gli Avatar dimostrano che nell'anno domini 2008 non tutti i metallari di Gothenburg hanno già fatto richiesta di cittadinanza americana: se amate il metal "heavy but melodic" provate a dargli un ascolto, soprattutto se siete tra coloro che non hanno digerito la svolta modernista intrapresa dai padri putativi del genere.

Elenco e tracce

01   Schlacht (02:37)

02   Wildflower (02:41)

03   All Which Is Black (02:53)

04   4 AM Breakdown (02:28)

05   As It Is (03:53)

06   All Hail the Queen (02:26)

07   When Your Darkest Hour Comes (02:03)

08   I Still Hate You (03:18)

09   One/One/One/Three (02:50)

10   Die With Me (06:02)

11   The End of Our Ride (03:10)

12   Letters From Neverend (03:49)

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