Se non altro per "rispetto" all'unico album (sara un caso?) del Banco ancora non recensito mi sforzo, è il caso di dirlo, di colmare la lacuna e passo all'analisi dell'ultima prova in studio degli (orribili) anni '80 del gruppo romano. La decade si chiude non certo in gloria ed assai anticipatamente con questo "...... e via" che già nel titolo dichiara la relativa povertà di argomenti degli artisti rimasti nella formazione "ridotta" dall'uscita di Gianni Nocenzi e scusate se vi pare poco.
Passando all'ascolto del breve lato "A" a parte l'orecchiabile, ma nulla più, brano d'esordio "Notte Kamikaze", seguono due brani davvero imbarazzanti, per chi ha vissuto l'iniziale epopea del gruppo: "Ice Love" e "Black out" fra cui è difficile scegliere quello cui assegnare la palma del peggiore, salvo poi giungere a: "(When We) Touches Our Eyes" omaggio (?) alla perfida Albione con un gruppo di ospiti sensazionali quali Anna Oxa, Riccardo Cocciante, Mike Francis (non è mica uno scherzo eh!) oltre al rinforzo di un coro di voci bianche che sta al Banco come la marmellata nel risotto ai frutti di mare, al pari dell'apertura del lato "B" "To the Fire" meno blasonata, ma altrettanto scadente.
La deriva anglosassone viene, per fortuna, interrotta da "Mexico City" il brano forse migliore del lotto, o forse sarebbe meglio scrivere il meno peggio, inclusa la dedica alla martoriata capitale del grande paese latino americano, colpita proprio quell'anno da un terribile terremoto (100.000 morti...) e dove il Banco terrà un memorabile concerto nel '99. Ma tranquilli si riprende subito dopo con "Lies in Your Eyes" dove non contento d'essersi separato al momento giusto viene forzatamente (?) re-inserito il buon Gianni Nocenzi alle tastiere....... ma il risultato, ahimè non cambia.
In chiusura i nostri eroi cercano di rammentarci chi erano stati con "Baby Jane" dove s'ascoltano frammenti della Musica che fu, purtroppo condita ancora (!) da un coretto di voci bianche. Il long playing terminava qui dopo trentaquattro minuti o poco più ed anche questo elemento la dice lunga sul momento minimo raggiunto dal Banco nell'85, tuttavia nella ristampa in CD di oltre vent'anni dopo, il brodo dovette essere allungato con l'aggiunta di 3 bonus o meglio una in triplice versione: "Grande Joe", un po' come si faceva nelle ristampe dei capolavori degli inizi anni '70, coi brani più celebrati. Peccato che questo brano capolavoro non sia, anche se onestamente in grado d'elevare la bassa media dei precedenti pezzi, in particolare nella versione mix ed in quella strumentale dove si apprezzano i misurati interventi (virtuosismi) di Maltese.
Concludo col giudizio di questo introvabile album (sarà un caso?) record di disomogeneità, che oscilla fra una e due stelle, difficile arrotondare per eccesso o difetto, il cuore vorrebbe punire lo sfregio alla carriera per difetto, ma poi il timore di aver sottovalutato qualche sonorità dignitosa come nell'ultimo "Grande Joe" mi spinge ad essere moderato anche in considerazione dell'ottima resa acustica complessiva.
Per fortuna Di Giacomo e compagnia bella, compresero che la via maestra era perduta e si concessero un lungo periodo di quiete, durato ben 9 anni fino al "13".
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