Il primo di Luglio rimarrà nella storia come il Giorno Spartiacque
Il 30 Giugno DeBaser non so nemmeno che roba sia, le recensioni musicali non le leggo da un decennio perché situate in riviste che costano troppo, il termine indie mi ricorda soltanto una bionda demente che in un film bercia “Indieeeeee, aiuuutoooooo” alla volta di Indiana Jones.
Poi c’è il primo di Luglio: accedo casualmente alla Home Page di DeBaser.
Quattro settimane dopo ho acquistato on line due simpatiche magliette del sito, mi sono scelta un nomignolo virtuale che rappresenti appieno il mio essere una personcina non propriamente sveglia, ho scoperto che indie è un genere musicale che sta a significare a occhio e croce Musica Stramba e che gli utenti di DeBaser sono avvezzi a organizzare dei Meeting, uno dei quali si terrà a Urbino proprio nei primi giorni delle mie ferie, in occasione di un festival chiamato Frequenze Disturbate.
Quella che segue è la (più o meno) fedele cronaca di quanto ho visto in tre giorni eufemisticamente definibili come INTENSI.

Venerdì 5

Mentre il treno, stracolmo e rovente e pregno di sudore, mi porta nelle mie adorate Marche rimugino sul fatto che: non sono mai stata a un Meeting di un sito internet, non conosco nessuno dei partecipanti a questo specifico Meeting, non ho avuto tempo di leggere nemmeno quali gruppi ci siano a Frequenze Disturbate (che tra l’altro: mai sentito nominare) e non ho mai visto Urbino. Il tipico salto nel buio, insomma. E io amo follemente i salti nel buio.
Arrivo un po’ distrutta a Fano, dove ho appuntamento con loschi figuri che si riveleranno essere tale Humax4, tale Frantz e tale amico di Humax4, Marco, che si chiama così non per mancanza di fantasia ma semplicemente perché non possiede né un nick né un computer, è un neofita come me, forse anche più di me. Facciamo conoscenza, decidiamo che Marco si chiamerà DeFriend, beviamo limoncello, poi saliamo a Urbino, in piazza, dove si sta già suonando, e dove, alla spicciolata, si radunano altri figuri: Trellheim, Antimo, Josi_, Li; dovranno raggiungerci anche Cleo, DeHusband, Psychopompe (che nei giorni a venire comparirà ogni tanto), Zzzzzzzzzzzz, Magomarcelo e due non meglio specificati Nani.
Stringo mani, bevo birra, parlo con questo e con quello, l’atmosfera rilassata che si respira solletica la mia proverbiale loquacità. Mi faccio anche convincere da Josi_ a visitare una mostra d’arte, quella degli spazialisti, (la frase che riesce a vincere ogni mia resistenza è “Guarda che è gratis”) e meno male che c’è l’esperto d’arte Frantz che illustra le opere in esposizione sennò non ci capirei veramente un tubo e mi limiterei a considerare che nel tale quadro hanno usato un rosso carminio tanto carino.

La serata scorre gioiosa, tra chiacchiere, crescia bisunta e svariati rum e pera; io riesco a vedere The Raveonettes, che mi piacciono immediatamente molto, belle canzoni, grinta da vendere, belle voci, i Dinosaur Junior, il cui bassista, scoprirò il giorno dopo, è Lou Barlow (ECCO CHI ERA) che invece mi lasciano alquanto indifferente e l’unica canzone che apprezzo veramente è una cover dei Cure, e Julian Cope: si presenta vestito da Nonno Sadomaso, io me lo ricordo ai tempi dei Teardrop Explodes, quando cantava ”Passionate Friend” con quella bella voce limpida e pulita, e rimango basita di fronte al gracchiume e al metallo sfoderati in questa occasione, magari non sarebbe neanche male il tutto se non fosse rovinato da un’esibizione live che rasenta il trash, con tanto di Julian Cope che si sfregia il petto e pubblico che lo manda sonoramente affanculo chiamandolo Giuliano Coppola. Ai concerti segue crêpe con la nutella, mentre Frantz e Li dibattono intorno alla figura del maschio moderno in declino, poi Dj Set molto divertente in centro, durante il quale io, Frantz e Josi_, che ribattezzo l’Imperturbabile per la sua abitudine di sparare battute al vetriolo mantenendo un’espressione di indecifrabile flemma, ci scateniamo in balli tribali alquanto improbabili e Trell ci guarda sorridendo come a dire “Poracci”. Raggiunta la mansarda in cui alloggiamo mi schianto sul letto e dormo all’istante.

Sabato 6

Ci svegliamo tardissimo, in tempo per il pranzo; ci pigliamo un sano aperitivo a casa della Cleo e del di lei DeHusband, e per l’occasione facciamo loro dono di una coccia (in marchigiano: piantina con intenti ornamentali) che non ho capito che razza di pianta sia ma ha bei fiorellini. Mentre al ristorante mangiamo pesce in tutte le salse ci raggiungono la solare Zzzzzzzzzzzz, che mi porta le magliettine trendy di DeBaser, Magomarcelo, che scoprirò essere un Software Engeneer o una roba complicata del genere (cosa che me lo farà apparire di un’autorevolezza computeristica sconvolgente), e i famosi Nani, tale Turkish e tale G, che ospiteremo nella mansarda, che vengono da Bolzano e sono tra gli inventori di DeBaser. I Nani in realtà sono due armadi per cui, arguisco, il soprannome proviene da una qualche motivazione che trascende l’aspetto fisico. Uno di loro, verrò a sapere, possiede idee molto precise sull’educazione dei figli lontana dal giogo televisivo e non ama eccessivamente il rock cantato in italiano, l’altro ha un concetto molto personale del genere di camicie che è conveniente indossare in pubblico e di come si fanno stare zitti i bambini che piangono urlandogli “BASTAHHH”, entrambi hanno una latente vena di follia che mostreranno a tempo debito. Torniamo a Urbino, Trell sfodera un bottiglia di ottimo whiskey la cui vista suscita cori da stadio, e ci prepariamo così per i concerti serali.

Dei gruppi in programma vedrò solo il primo, che non ho capito come si chiama (Kep? Kech? Keth? Boh) e gli Echo & The Bunnymen; durante l’esibizione dei Sons & Daughters, infatti, me ne sto sdraiata con Frantz sul pratino a parlare di politica e massimi sistemi scrutando l’orizzonte, per il resto del tempo sto malissimo, a causa di un’indigestione da eccessiva assunzione di crescia al formaggio, e mi addormo collassata addosso a DeFriend, che con aplomb tenterà di passare comunque una serata lontanamente decente leggendo un libro, oppresso dalla testolina della Inge Pupp che gli trapana il torace e probabilmente pensando che un giorno la Chiesa lo farà Santo. Forse anche Martire.
I Kep-Kech-Kesh mi sembrano interessanti e piacevoli, accattivanti, mentre ascolto penso che appena dovessi capire come diavolo si chiamano potrei cercare qualcosa in qualche negozio di dischi; gli Echo & The Bunnymen li conosco poiché me li ricordo citati nel libro di grammatica inglese che avevo alle medie, dal vivo mi piacciono parecchio, un tuffo nella buona vecchia new wave, li trovo piuttosto bravi nonostante il cantante faccia un po’ troppo il cupo&maledetto e sfoghi questa sua velleità da esistenzialista movendosi al rallentatore e fumando come una ciminiera (evidentemente per lui il tabagismo spinto fa molto artista maudit). Niente Dj Set, indigestione furibonda, mansarda, schianto sul letto, buio.

Domenica 7

Il Nano G appena sveglio ha un occhio pesto e l’altro vitreo ma per il resto è incredibilmente vitale; ci informa che il Dj Set la sera prima era spaziale, divertentissimo, da urlo, che sono tornati alle 4, poi si infila nella ormai mitica camicetta a quadretti chiaramente acquistata dal Postalmarket e se ne va non so dove. Il nano Turkish è un tipo più posato, ha un aspetto meno pesto, e anche lui conferma che si sono divertiti, poi si infila nel bagno e lo allaga facendosi la doccia. Humax4 e DeFriend ripartono per Livorno mentre noi ci trasferiamo a pranzo a casa della Cleo, gnocchi al sugo che così buoni mai mangiati e ottimo vinello; durante il pasto apprendo un sacco di cose interessanti: che il Meeting di Firenze è stato ancora più alcolico di questo (alla faccia), che esiste un cantante di nome Fango, che in Norvegia c’è un tasso di disoccupazione prossimo allo zero, che il giorno prima un tizio di nome Daniel Johnston non ha suonato in quanto troppo incline all’abuso di antidepressivi, che è Greg Dulli a nobilitare gli Afterhours e non viceversa. Il tempo fa schifo ma questo non ci impedisce di fare una puntatina in spiaggia dove i Nani, in partenza per Bozen, mostrano al mondo quanto sono pazzi facendo il bagno in un mare livido, probabilmente gelido come la muerte.

A Urbino la pioggia a catinelle inframmezzata dalla nebbia rende la Fortezza Albornoz un luogo ai confini della realtà, magico e affascinante. Armati di ombrellini e ripari di fortuna siamo accolti da Four Tet e Lippok & Morgenstern, il primo suona concentratissimo, con la testa piegata in avanti che va su e giù a tempo, perso nel suo mondo, i secondi, molto più comunicativi e ridanciani, interagiscono con il pubblico, nell’insieme ci avvolge un tripudio di musica elettronica che manda in visibilio Magomarcelo il quale, infatti, sparisce tra la folla, sotto al palco; a me l’elettronica piace ma questi non mi pigliano, ballicchio un po’ ma per il resto li osservo dubbiosa, a tratti annoiata, li trovo un po’ banalotti. Salutiamo il Mago che se ne torna a Milàn e io e il Frantz ci gustiamo dei Blonde Redhead in ottima forma (Trell e Antimo sono andati a mangiare la piada); la brava Kazu Makino, adornata di un abituccio bianco da polmonite doppia fulminante, mi ammalia con la sua vocetta e mi fa zompare come una disperata, ormai dimentica delle scarpe bagnate e del freddo cane, quando intona Equus, che, sì, lo SO, è un SINGOLONE, ma ‘gni tantino anche i singoloni possono emozionare un po’, OK?
Infine gli Yo La Tengo, gruppo che conosco solo di nome, il loro lo trovo un rock curioso e curato, molto particolare, che a tratti mi piace e a tratti giudico estenuante a causa dell’(ab?)uso di variazioni e improvvisazioni con cui infarciscono molti dei loro pezzi, facendoli durare mezza giornata.
A fine concerto Urbino bai nait, niente più distorsioni né pioggia, solo bellezza, stradine quasi vuote, quiete. E’ l’ultima sera ma è bellissima lo stesso.

Lunedì 8

Io, Trellheim e Antimo, i tre superstiti, ci svegliamo consapevoli che l’avventura marchigiana volge al termine. Facciamo ciao ciao con la manina alla mansarda e a Urbino, ci salutiamo alla stazione di Pesaro e io me ne torno alla fiorentinità. Che altro aggiungere? Che questi tre giorni di musica, cibo bisunto, sano divertimento, ottimo alcool, persone fantastiche sono stati spettacolari. E che, alle volte, un salto nel buio è realmente salutare.

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