I miei pensieri sono disoccupati, come me; mi lascio abbandonare sul divano dopo l’ennesimo colloquio di lavoro terminato con la solita frase e la solita stretta di mano viscida. Sento il tonfo delle scarpe sul tappeto: un suono sordo. Butto la testa indietro e guardo la finestra alla rovescia, dalle piccole righine delle persiane entra un fiotto di luce che mi perfora le pupille, e le sento rimpicciolirsi, le sento difendersi, come possono, da quei piccoli pugnali solari. Mi allungo verso il lettore, so già cosa c’è dentro: traccia tre, di corsa: ho bisogno di rilassarmi, ho bisogno di chiudere gli occhi, e lasciarmi dominare da tutto quello che si muove in questo momento, a targhe alterne, nel mio cervello. Vediamo se riesco a dirigerlo, il traffico che ho dentro.

“Absent friend”, 8 minuti e venti di occhi chiusi, di diffusione gratuita di distensione, di eleganza allo stato puro, aleatorio benessere costruito su basi senza fondamenta. Mi porto in uno stato di sospensione, e sospensione c’è per tutto HEX: viole, contrabbassi, vibrafonie slengate stese su tappeti di pianoforti, chitarre, trombe e improvvise piattate jazz, contornate da note deviate e allungate, che ritornano nervose e accorciate così, come niente fosse.

Stato di ansia: nonostante stia sonnecchiando sono all’erta: c’è sempre la sensazione che qualcosa di nuovo e di inaspettato subentri, all’improvviso, tra le note di questo cd. La “sottovoce” di Graham Sutton vibra come la coda di una falena che si avvicina, dalle oscurità da cui proviene, alla fonte di luce e di calore, e quando si avvicina, la sua oscillazione si fa più decisa, determinata a godere di quel bagliore e di quell’ energia anche se solo per un frammento di tempo spezzato da tonfi, spari, convulsioni spasmodiche.

Quando inizia “Fingerspit” sento l’eco lontano di una chitarra, che man mano prende spazio nell’area circostante, il jazz soffuso è un’anima che si incatena all’interno di qualcos’altro, qualcosa di contorto, ricurvo, che mi destabilizza, ma che mi sta comodo; riconosco anche da qui, da questa sorta di sublimazione periferica, che l’essenza non troppo segreta di tutto questo, è il jazz. “Pendulum Man” chiude questo disco fobico, a tratti maniacale, un disco che lo metti, e lo ascolti tutto, attratto, quasi ipnotizzato, dalle sue forme ossessionanti.

Penso che dopo tutto, questi quattro ragazzi, sono veramente degli psicotici, psicotici dell’arte dei suoni. Mi sveglio dalla catarsi, prendo la copertina del disco, leggo qualcosa… un pensiero dedicato a qualcuno, sicuramente, che inizia con le parole “you stand apart with the sinking sunlight…”, e mi sembra di essere io, la destinataria sconosciuta di questa epigrafe. Il disco, dotato di una bellezza rara e inconsueta, è del 1993.

Elenco tracce testi e samples

01   The Loom (05:15)

02   A Street Scene (05:35)

I'm sure you can make it.
Flipside now nothing changes.
I run past your street deserted;
Fading light on your fading face

Incision. Carved out.
No trace of doubt.
I can't extract the truth, you know it.
But what you give you get.
While this place spins like a heavy doorway.
But you've seen it all.

Pretence. Rip this town.
You turn my world upside down

Incision. Carved out.
No trace of doubt.
I can't extract the truth, you know it.
But what you give you get.
While this place spins like a heavy doorway.
But you've seen it all.

Gather it around:
you built it up to tear it down.

03   Absent Friend (08:20)

04   Big Shot (05:20)

It's 3am, don't know where we're going
just driving somewhere fast
And below the west way
With ?chosen? hearts to clutch you back

05   Fingerspit (08:21)

06   Eyes & Smiles (08:30)

07   Pendulum Man (09:53)

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