Dipende tutto dai punti di vista: siamo di fronte all’ottavo album degli Oasis, o al primo album di una band esordiente di nome Beady Eye?
Nel primo caso, fareste bene a non avvicinarvi nemmeno a questo nuovo disco. Nel secondo caso, potreste persino sorprendervi.
La storia la sanno tutti, inutile rivangarla. Nel 2009 gli Oasis (che volenti o nolenti, piaccia o no, sono stati una delle rock band britanniche più importanti degli ultimi anni per impatto sul pubblico e classici sfornati a ripetizione) si sciolgono e, mentre il talentuoso fratellone maggiore Noel sì da all’ozio più totale (a parte qualche comparsata qua e là e un concerto semiacustico), il fratellino Liam (l’altra metà della mela, talento compositivo minore e di tanto, rispetto a The Chief, ma presenza scenica e riconoscibilità vocale da rockstar d’altri tempi) si rimbocca le maniche, chiama a raccolta i compagni di viaggio negli Oasis (Gem Archer alla chitarra, Andy Bell che passa dal basso alla sei corde, il batterista Chris Sharrock) e vi aggiunge il bassista Jeff Wootton (ex Gorillaz) oltre al tastierista Jay Darlington. Nascono così i Beady Eye, che nel giro di un anno e mezzo danno vita a questo esordio, “Different Gear, Still Speeding” (come a dire, magari viaggiamo diversamente, ma cazzo se viaggiamo).
Primo punto: come chi considera quest’album il nuovo album degli Oasis sbaglia di brutto, chi lo considera l’esordio solista del Gallagher più piccolo sbaglia due volte. Dentro questa band ci sono due talenti compositivi più che rispettabili; Archer è l’ex frontman, songwriter e chitarrista di un vecchio gruppo britannico che ha raccolto molto meno di quello cha meritava, gli Heavy Stereo (sentire roba come “Chinese Burns” o “Cartoon Moon” per credere), mentre Bell ha scritto pagine a tratti memorabili soprattutto con i Ride ed il loro britpop inzuppato nello shoegaze.
E, guarda un po’, le cose migliori di questo esordio arrivano proprio da Andy; l’opener “Four Letter Word” aggredisce subito, con le sue chitarre ronzanti e sin troppo debitrici della vecchia “Rock ‘n Roll Star” (ma và?) di oasisiana memoria, e la successiva “Millionaire” col suo pop cristallino ed il bell’intreccio elettroacustico tra chitarre, è candidata ad essere una buona hit. Bell cala un po’ quando vuol fare il Noel de noattri e sforna una ballad da accendini come “Kill For A Dream”; senza la capacità di uscirtene con un refrain killer (cosa che proprio il Gallagher maggiore e pochi altri hanno), rischi un’ incompiuta, e così è. Ma quando arriva “The Beat Goes On” la bocca rimane ben aperta; songwriting perfetto, malinconia beatlesiana autunnale a tonnellate e un Liam che sfodera un’interpretazione magistrale. Chapeau.
Archer, dal canto suo, firma il primo singolo ufficiale “The Roller”, il primo pezzo da lui scritto proprio per gli Oasis nel 2001 (le session erano quelle del sopravvalutato “Heathen Chemistry”); ingiudicabile visto che è identica alla lennoniana “Instant Karma”, ma in radio funziona e alla fine lo scopo è raggiunto. “Wind Up Dream” è sporca quanto basta e il solo di armonica la rende persino più accattivante, “Three Ring Circus” è un classic rock incisivo ma perde un po’ in un refrain meno curato del solito, “Standing On The Edge Of The Noise” è fracassona abbastanza da spezzare in due una seconda parte di album dominata dai pezzi di Liam e, quindi, più riflessiva.
Già, Liam: in alcuni casi la sua crescita come songwriter è esponenziale (“Wigwam” esalta con i suoi sei minuti di psichedelica dilatazione, “The Morning Son” con il suo finale in crescendo e i gabbiani in sottofondo è perfetta per la fine di una splendida estate, e si candida a “Champagne Supernova” del disco), in altri ricade nel vizio della fretta di esprimersi (vedi “Beatles And Stones”, la più debole del lotto ma comunque sufficiente, o “For Anyone”, dal jingle jangle remmiano e la linea vocale dolce e melodica).
In definitiva, una buona e convincente partenza. Ma rimane un quesito in sospeso: con tre o quattro pezzi ispirati da parte di Noelone e il nome degli Oasis bello stampato in copertina, saremmo di fronte al tanto agognato miglior album dei mancuniani dai tempi di "Morning Glory"?
Chi lo sa. In ogni caso, benvenuti, Beady Eye.
Tracce chiave: “Wigwam”, “The Beat Goes On”, “The Morning Son”
Elenco tracce samples e video
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Altre recensioni
Di Gallagher87
"Il più bravo non è chi fa più casino, ma chi fa più musica."
"Liam Gallagher ammette i suoi limiti da song-writer, confermando che starà sempre nell'ombra del 'big brother'."
Di faber
La speed non è più la stessa senza Noel.
Un oceano di prevedibilità con pochissimo che si salva.
madcat
28 feb 11tomgil
28 feb 11Gallagher87
28 feb 11The Decline
28 feb 11LeoVanexx
1 mar 11popoloitaliano
1 mar 11GrantNicholas
1 mar 11polkatulk88
1 mar 11Divodark
1 mar 11popoloitaliano
1 mar 11GrantNicholas
1 mar 11Gallagher87
1 mar 11donnie darko
1 mar 11donnie darko
1 mar 11GrantNicholas
1 mar 11donnie darko
1 mar 11holdsworth
2 mar 11GrantNicholas
3 mar 11holdsworth
3 mar 11boyintheocean
4 mar 11Evvabbè. Come hai detto tu, son bravi a far quello, e quello fanno. Ora soncurioso di sentire Noel, quando si muoverà.
cece65
10 mar 11Crazy Diamond
29 apr 13madcat
29 apr 13