E il cielo si fece nero. Mi trovavo a Colonia per la XX Giornata Mondiale della Gioventù, mentre giravo per le strade con un mio fidato amico alla ricerca di un negozio di musica, ben consapevoli che la Germania non ci avrebbe tradito nelle nostre aspettative. Eccoci così in un MediaMarket, un negozio di elettronica con una sezione dedicata alla musica, di qualunque genere. Subito ci buttiamo sul versante metal, con cose mai viste: DVD che da me a Taranto costano 40 euro, lì te li trovavi a 18, o se eri sfortunato a 23. Ce n'era davvero per tutti i gusti: sapevo che avrei comprato uno o due CD, ma non sapevo cosa. Giravo lo sguardo mentre il mio amico delirava, e valutavo razionalmente cosa valeva la pena prendere e cosa no. Fu così che il mio sguardo cadde su un CD abbandonato lì in mezzo. La copertina era strana, con una serie di macchie scure incastonate tra loro, e sulla sinistra un triangolo con una sola scritta: Beecher. Un attimo, mezzo secondo, il tempo di farmi ritornare alla mente il nome di quella band, e quella curiosa quanto scarna copertina. Avevo letto una recensione molto positiva a riguardo, che li descriveva come una band da cui non sapevi mai cosa aspettarti. Mi interessavano, eppure non li avevo mai cercati, non erano tra le mie priorità. Inoltre ciò che mi ricordavo di loro era molto vago, tanto che non ero nemmeno sicuro che la band di cui mi ricordavo fosse la stessa. Però in quel momento fu inevitabile: presi il CD e lo comprai, a 17 euro.

Dopo tanto tempo passato a ragionare, agii totalmente d'istinto; nei giorni successivi, prima di tornare a casa ad ascoltarlo, continuai a pensare di aver fatto la cosa sbagliata. Ora posso dire che quello fu uno dei momenti in cui davvero, come si suol dire, ebbi un "culo indescrivibile". Perché dopo tanto tempo ancora non riesco a togliermi le note di questo meraviglioso album dalla testa. Schegge impazzite di metal-core si uniscono a melodie nostalgiche, a tempi di batteria assurdi buttati in mezzo ad atmosfere psichedeliche (o psicotiche?), alla voce lacerante di Ed Godby che quando meno te lo aspetti si butta il un cantato melodico degno di Jeffrey Moreira. E poi ancora influssi grind a sprazzi, ma tanto, tanto sentimento, qui dentro. Mi hanno ricordato i Converge dell'indimenticabile "Petitioning The Empty Sky" (ma anche un po' di "Jane Doe"), come loro attenti ai massimi livelli nella costruzione del suono, meno taglienti forse, ma a mio parere più razionali e malinconici, se di malinconia si può parlare. Ancora mi hanno ricordato gli ultimi Poison The Well nei loro momenti di trance mistica. Imprescindibili come i primi Isis, quando si tratta di atmosfere noise. Ma la cosa che più stupisce dei Beecher è questa loro capacità di non rimanere mai stagnanti; da loro non sa mai cosa aspettarti, per l'appunto. Metal-core? Scremo? Macché, roba banale. I cambi di tempo sono infiniti e repentini, e spesso sembrano quasi formare la base dell'album; magari ascolti un riff che ti fa impazzire, preghi la madonna perché non lo cambino e rimani deluso, ma solo per ascoltarne uno ancora migliore. E così il disco scorre penetrante, tra melodia e brutalità, incanto e disincanto, atmosfera post-core e sfuriata thrash metal, con cantati melodici che spuntano dal nulla, verso l'apocalisse della finale "Ladder Theory"; e a concludere il viaggio, una breve quanto intensa "Crack Fiend", bonus track che è come allontanarsi due minuti dal mondo lasciando un cartello con su scritto TORNO SUBITO.

I Beecher sono davvero tra le migliori realtà del Post Hardcore a bazzicare nell'underground, e se amate il genere, non farete fatica a considerare "Breaking The Fourth Wall" un vero e proprio must. Fateci un pensierino. Anzi, un pensierone.

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