“Cowboy Justice” non è per palati deboli; a cominciare dalla formazione, abbastanza inusuale, di chitarra (Steve Cardenas), tromba (Ron Horton), batteria (Michael Sarin) e contrabbasso (Ben Allison). La copertina che vedete per questa recensione è un falso, nel senso che la copia che ho e che sto recensendo e’ una “advanced copy” senza alcuna cover e mi è stata data da Ben Allison in persona in occasione di un concerto tenutosi nella mia cittadina tempo fa.
Dunque, i suoni che escono da questo disco sono molto asciutti e non ci sono facili concessioni alla melassa imperante o ad alcun “trend” (che parola: blaaah!) possibile nel jazz del momento. Il suono della tromba di Ron è molto “Miles”, nel senso di note lunghe o stringate ma quasi sempre nel registro medio, pochissimo vibrato, molte frasi spagnoleggianti (costante di continuo ritorno nella poetica davisiana e comunque la tromba ti da sempre un’idea di festa latina in piazza!) e volume medio, almeno nella maggior parte dei brani.
Il gruppo riesce ad essere anche molto duro quando la chitarra sale alla ribalta ed a volte si ravvisano echi sia del bellissimo "Bass Desires” (Marc Johnson) che del Fripp migliore. Cardenas viene da una scuola rock (anche data l’età e per suo dichiarato amore!) e questa influenza si sente sia negli arpeggi alla McLaughlin (del periodo Mahavisnu) sia nell’uso di una Gibson 347 lievemente distorta (Scofield). L’incedere proposto dal contrabbasso di Ben Allison è sempre molto caratterizzato, nel senso che Ben non è una “acritica macchina da swing”: è un uomo e musicista che mantiene costantemente il controllo della situazione ed il beat è in qualche modo istantaneo ma continuo: sembra che ogni battuta faccia storia a sé; eppure fluisce e si muove. Questo è anche dovuto alla particolare formazione tecnica di Ben che ha imparato a suonare praticamente da solo dopo poche lezioni formali e che per questo suona “di profilo” guardando il fianco destro del contrabbasso (se lo può permettere, visto che è altissimo!).
Nella traccia finale si ascolta un breve “lasciarsi andare” di Michael Sarin che si riconferma uno dei migliori batteristi in circolazione, dotato di una tecnica molto varia e prodigiosa che gli consente di spaziare a tutto campo sullo strumento per ottenere sonorità molto moderne anche da una batteria standard, magari suonando sulle pareti dei tamburi o infilando le spazzole dentro i piatti dell’hi hat e pastrocchiando a tempo lì dentro per tre minuti (e noi tutti zitti ad ascoltare questa cosa bellissima ed in qualche modo musicale!).
Due parole andranno ben spese per lodare Ben Allison, fondatore del Jazz Composers Collective di New York assieme a Ted Nash, Frank Kimbrough, Michael Blake, Ron Horton ed altri. Ben è un compositore con gli attributi e questo disco è l’ultimo della saga che lo vede protagonista. Ha inciso diversi dischi da titolare con il suo gruppo “Medicine Wheel”: la “ruota della medicina” degli stregoni indiani da cui egli in parte discende, se chi scrive non ha capito male! Tra i suoi dischi comunque tutti molto belli, veramente innovativi, intelligenti, godibili e perciò consigliabilissimi, in Italia è distribuito a prezzo bassissimo “Peace Pipe” che è veramente un gioiellino di multiculturalità east west Africa, con una Kora suonata da Mamadou Diabate assieme al violoncello di Tomas Ulrich ed ai sax di Michael Blake etc.
A tempo perso, date una letta a storia e caratteristiche del JCC e di Ben: www.jazzcollective.com e www.benallison.com Rendiamo giustizia a questi artisti; magari una “Cowboy Justice”!
Tracklist: Cowboy Justice, Tricky Dick, Talking Heads, Hey Man, Emergency, Midnight Cowboy, Free Tricky, Weeary, Ruby's Roundabout, Blabbermouth.
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