Mi è difficile decidere da che parte iniziare a parlare di questo film, per la densità di segni che contiene e che meritano attenzione. So però che voglio scriverne qui e consigliarne la visione perchè il film è bello e importante, ricco di contenuti morali, denunce, bellezza (nelle immagini, nelle persone, nei legami umani descritti dal racconto). Ma vola anche alto sui giudizi, evita di fare il saccente e mette in scena il vero con il verosimile, trasferendo allo spettatore un’esperienza di vita, lasciandolo poi solo con la sua sensibilità e le sue domande.
L’ho trovato un film maiuscolo da molti punti di vista: le immagini, i ritmi, i temi, l’attualità; c’è il dovere morale del singolo verso la collettività; c’è il confronto della responsibilità verso il collettivo, con la responsabilità verso il proprio privato; è contemporaneo ma eterno; l’attrice principale è Halldora Geirharosdottir, di mezz’età, bella con discrezione e realismo, oltre che bravissima. La produzione è Franco-Islandese-Ucraina, del 2018.
Accenno ai contenuti e alla trama: protagonista una donna, Halla, che ha fatto uno scopo di vita del boicottare la globalizzazione. Mica poco, lei è un granello di sabbia ed è contro un meccansimo organizzato e tecnologico. La cosa comporta molti rischi, per cui ne fa scopo unico di vita. A un certo punto c’è un colpo di scena: un inaspettato avvenimento privato, totalizzante, primordiale e di enorme valore umano, manda in crisi la sua attività ma non il suo sistema morale. Perchè è una delle donne più dure-serie-motivate che si possano vedere al cinema, un eroe verosimile di quelli che il cinema occidentale ci mostra raramente e, se appena può, con qualche ambiguità. Lo dico al maschile per non insistere sul genere in un discorso che vale al di sopra di questa distinzione, ma lei è femmina e questo ha valore nel contesto del film. Non entro in altri dettagli, sono stato attento finora a non spoilerare e non mi tradirò come un novellino proprio adesso.
Alcuni colpi di scena, improbabili ma verosimili e umani (non magie o deus-ex-machina!), conducono la narrazione attraverso scenari imprevisti fino a un imprevisto finale. Mi fermo qui con il resoconto puntuale e vorrei concludere che nel confronto fra la persona libera e il comune pensare borghese e conveniente, il singolo si rivela elemento fragile e perde sempre nel freddo risultato della partita. Ma entrano nell’epica anche le partite perse, se esprimono valore e bellezza: finisce che si ricordano e che vanno a comporre un immaginario. E da quel momento, quando si gioca una partita simile, rimarrà quel riferimento, quei valori, quell’esempio. Essere umani ha una serie di implicazioni. Questo film mi ha colpito anche perchè contiene questo.
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