Il sole incatenato e trascinato da una montagna che cammina, la luna legata con fili invisibili da ragnetti candidi, dolcemente mossa da un colosso piumato, e il guardiano che accarezza quei fili come fossero corde di un'arpa, all'interno della sua gigantesca gobba. In Mune si riscrive con fantasia e dolce equilibrio la storia e la mitologia della terra, o meglio di un pianeta fantastico in cui gli elementi essenziali della nostra realtà sono mantenuti, ma spiegato in modo del tutto nuovo. Ed è questo uno degli aspetti migliori del film, il suo costruire una mitologia vivida e fresca, ma che ha come punto di partenza – e arrivo – la normale esistenza della vita e del ciclo infinito di giorno e notte. Proprio come quella classica, che cercava di dare delle risposte alle domande fondamentali, e più difficili da soddisfare, dell'uomo.

Per questo Mune dà fin da subito l'impressione di essere un film meno leggero dei suoi simili, un film essenziale, che imposta un discorso serrato, saldamente piantato su concetti filosoficamente importanti. Non è una peripezia gratuita questa, è una suggestione fantastica che si incardina su un concetto semplice quanto ineludibile: non può esistere il giorno senza la notte, e il contrario. Al suo interno, le sfumature sono numerose e tutte con ampi margini di interpretazione: come il sole dà la vita, così anche la luna, a creature differenti da quelle diurne, che si nutrono della sua polvere magica. Giorno e notte sono ugualmente fertili e si completano, pur non potendosi mai toccare. Nel mezzo, una creatura meravigliosa, fatta di cera, che ha quindi bisogno del calore quanto della frescura serale per mantenersi viva. Come una chiave di volta che completa l'arco dell'esistenza e dei suoi opposti.

Ma i temi proposti non sono tutti “cosmologici”. Ci sono diversi percorsi di formazione, anche antitetici. C'è il puro di cuore, che non si sente all'altezza e sembra rinunciare al suo compito, impostogli. C'è invece chi, per troppa baldanza, commette errori banali di superficialità. E poi ci sono diversi altri coprotagonisti, ognuno interessante e differentemente caratterizzato. C'è il codardo, che ha scelto la via degli abissi pur di non affrontare le serpi malvagie; c'è il titano gigantesco, tanto grande nel bene quanto nel male, una volta corrotto. E c'è la donzella di cera, tanto fragile quanto disposta al sacrificio estremo, pur di riportare in sesto il ciclo dei giorni, ineludibile per tutte le creature e soprattutto per quelle fragili come lei. In fondo nessuno è veramente malvagio (e in questo mi ricorda Mononoke), semplicemente nel sistema cosmologico ognuno ha compiti diversi. Ci sono poi quelli che vengono corrotti. Nel film Ghibli la corruzione era data dal dolore, qui invece si preferisce farne portatrici delle serpi fantasma, figure aliene, che forse rappresentano semplicemente il principio di non-vita. Il nulla che vuole desertificare l'essere.

Tornando ai personaggi, a differenza di tanti film d'animazione (e film in generale), il percorso di crescita del protagonista e dei suoi compagni d'avventura è particolarmente calibrato e graduale, argomentato con viaggi onirici, confronti e scontri con rivali, comprensione del mondo e della sua metafisica grazie a saggi anziani. E una catabasi quasi, una discesa nelle profondità infernali per recuperare il sole che si sta spegnendo.

Graficamente, la bellezza superiore di quest'opera è data dal suo essere in computer grafica, ma riuscendo comunque a mantenere spesso le tonalità e le sfumature che sembrano quelle dei pastelli. E il design di personaggi, creature, colossi, è altrettanto fresco e variegato, pur non mancando di fonti di ispirazione evidenti: Miyazaki per i ragnetti, ovviamente, e qualcosa di disneyano per i due demonietti, forse Hercules. Ma la loro gestione è decisamente intelligente, simpatica e mai ridondante. Anche loro sono anelli importanti della catena cosmologica. L'uso di sequenze completamente pastello non sorprende così tanto, ma risulta utile e funzionale a distinguere i piani ontologici dell'azione.

Un viaggio meraviglioso, che non sfigura di fianco ai più grandi capolavori del cinema d'animazione. Purtroppo non tutta la critica l'ha sufficientemente valorizzato e pur se accolto in modo positivo, non credo sia nemmeno riuscito a coprire i costi di produzione.

7.5/10

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