"The ABC of relativity", Bertrand Russell (Gbr) prima versione 1925. In Italiano "L'ABC della relatività", edito da TEA

"A un certo tipo di persone superiori piace molto ripetere -tutto è relativo-. Si tratta naturalmente di una sciocchezza, perché se -tutto- fosse relativo non ci sarebbe più nulla con cui stare in relazione" (Bertrand Russell da "L'ABC della relatività")

Come ho già avuto modo di dire, in una mia passata recensione, è operazione controversa recensire opere (soprattutto in campo letterario) su cui i giorni, i mesi, gli anni hanno provveduto a dire già tutto: ma sempre in quel scritto esprimevo tre precetti che, a mio parere, tolsero e tolgono sostanza ad ogni obiezione. Comunque è importante che teniate in mente che “qualunque cosa venga discussa, alla fine, ne rimarrà, comunque, solo il Nome...

Dott. XX

Qualche tempo fa mi sono imbattuto in un editoriale debaseriano dove veniva citata una frase, sulla relazione (profonda) tra matematica e musica, del professor Piergiorgio Odifreddi: ora tralasciando il merito della discussione (anche se mi ha abbastanza inorridito un commento sulla matematica che sfocerebbe nella metafisica visto che la cosa è in palese contraddizione... ma magari ne parlerò un'altra volta, se ce ne sarà una...) la cosa ha messo in moto, in me, una catena di eventi cerebrali che mi ha portato a riprendere in mano alcuni lavori del citato matematico a cui, sebbene faccia difetto certe volte un palese integralismo scientifico, è impossibile non riconoscere un acume divulgativo senza pari (e senza se e senza ma, a mio modo di vedere le cose) in questa derelitta nazione.

 

Sapeva però riconoscere un genio, quando lo incontrava, e nel libro si comporta di conseguenza, arrivando a paragonare l'opera di Einstein al sopraggiungere del giorno dopo il buio della notte: dando così prova, di passaggio, della propria intelligenza” (Piergiorgio Odifreddi dalla prefazione a "L'ABC della relatività" di Bertrand Russell)

Da cosa nasce cosa e quando mi sono imbattuto, (ri)leggendo il suo “Il Matematico Impertinente” (Longanesi, 2008), nel capitolo che riportava, pari pari, la sua prefazione all'opera di Russell, oggetto della recensione, non ho potuto fare a meno di riprendere in mano (già letto nei torbidi anni '90) quella che è tuttora considerata (a 85 anni dalla sua prima uscita: versioni aggiornate ne uscirono pure nel '58 e nel '69) la sua più importante opera divulgativa: la spiegazione della teoria della relatività “partorita dal cervello di Einstein in due puntate nel 1905, la Ristretta, e nel 1915, la Generale”. Ora la cosa si complica perché la prefazione di Odifreddi è inevitabilmente la miglior recensione possibile del libro e quindi la mia, modesta, versione non può che partire in svantaggio se non debitrice. Nel consigliar di leggerla (anzi di leggere tutto “Il Matematico Impertinente”) prometto ai debaseriani di esser meno “citazionista” possibile.

 

“Einstein era una Rockstar, Russell una Popstar

Come mi è capitato di leggere recentemente su di un libro di Brian Greene per capire la relatività di Einstein (e ancor più la sua legge gravitazionale che mandò, seppur parzialmente, in soffitta quella newtoniana) è necessaria una certa dose di fantasia: infatti lo sforzo principale è dimenticare per un attimo quello che i nostri sensi ci raccontano del mondo (permettendoci di sopravvivere secondo i parametri della nostra specie) ed affidarci a qualcosa che può sembrarci sfiorare il trascendentale ma che, invece, ha avvicinato noi, “poveri esseri di carbonio abitanti il terzo sasso orbitante attorno ad una stella “mediana” locata in un braccio periferico di una galassia nemmeno così speciale” a capire molto più dell'universo di quanto qualsiasi postulante la causa della metafisica abbia mai fatto.

La cosa eccezionale è che un tipo come Bertrand Russell (per la sua avventurosa biografia vi rimando al link ad inizio recensione: sappiate solo che abbracciò la causa divulgativa in età matura e per mere questioni finanziarie) avrebbe potuto “stupirci con effetti speciali” ma evidentemente lui era “scienza e non fantascienza” ed invece scelse quella che era la strada dei “semplici”: avvicinò Einstein con estrema umiltà (“Bach va ascoltato seduti ed in silenzio” avrebbe detto lo stesso fisico tedesco-americano) e scelse, per noi comuni mortali, parole e (soprattutto) esempi e paragoni assolutamente alla portata di tutti (memorabile e da brividi quello che Odifreddi riporta nella citazione del terzo mini-capitolo di questa recensione) oltre che ad una narrazione molto pacata e lineare in perfetto stile british.

Non fece mai mistero la sua personale visione che la teoria di Einstein era più filosofica che prettamente fisica ma senza mai portare nulla di personale limitandosi alla divulgazione: talmente brillante che gli fece meritare (anche se non per questo libro) il Nobel per la letteratura nel '50. Ovviamente molti concetti rimangono ostici ma Russell aggira brillantemente il problema creando capitoli ad hoc per i lettori digiuni di fisica e/o matematica ed avvisa per tempo quando qualche paragrafo potrebbe risultare troppo difficile, consigliando di saltarlo senza però pregiudicare nulla dello scopo di fondo: rendere Einstein accessibile a tutti. Il fatto che più di ottant'anni dopo il libro non sia (tranne che per pochi aggiustamenti che Odifreddi spiega nell'introduzione) desueto fa capire quanto Einstein fosse immerso nel futuro e quanto Russell riuscisse a coglierne la modernità (spiegandola brillantemente ai non addetti ai lavori) scolpendo bene nella nostra memoria che nella teoria della relatività non c'è nulla di relativo.

 

Pigrizia Cosmica

Sembra paradossale dirlo per un libro “vecchiotto” che parla di una teoria strafamosa ma leggendo “L'ABC della relatività”, come lo stesso Russell preconizzava nell'incipit (lo riporto qui sotto) del libro, ci si rende conto quanto in realtà siamo ancora legati a dei concetti mentali che non corrispondono a quelli universali. Ci stupiamo nel renderci conto che, alla fin fine, dire che “la Terra gira intorno al Sole” non è poi così diverso che dire il contrario. Rimaniamo affascinati dal fatto che gli oggetti, dotati di massa, agiscono quasi per volontà propria scegliendo sempre la via più facile e non rispondono a nessun richiamo di “forza” (che anzi viene abolita). Ovviamente io sto semplificando (troppo forse) e nel corso dei decenni son stati scritti libri ben più "avanzati" di questo (ricordo scritto a pochi anni dalle scoperte di Einstein) ma se volete approfondire o solo iniziare ad essere introdotti a quella meravigliosa divinità (non metafisica) che è la natura non c'è nulla di meglio che affidarsi a due delle più brillanti menti di sempre: "una (Russell) che racconta l'altra (Einstein)".

Tutti sanno che Einstein ha fatto qualcosa di sorprendente ma pochi sanno cosa abbia fatto esattamente” (Bertrand Russell da "L'ABC della Relatività")

 

Mo.

P.s.: I virgolettati in corsivo e/o in grassetto sono tutte “citazioni”: di qualcuna ho riportato l'autore di altre mi son divertito a lasciarvi cercare.

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