Nel 1996 esce il secondo LP dei Bethlehem, "Dictius Te Necare"; i tedeschi  sono ormai un'istituzione per il Metal locale: tutti hanno preso qualcosa da loro, a prescindere dalla loro impostazione musicale, Black, Doom o Death che sia; il successo della loro proposta si basa principalmente sull'originalità del loro approccio stilistico, ibrido bastardo di sonorità Thrash, rallentamenti al limite del Doom, esplosione ieratiche confinanti col Black, a formare un suono così spontaneo e particolare da influenzare pesantemente il futuro Depressive Black metal.

Per anni questo "Dictius Te Necare" rimarrà una delle prove più estreme in ambito metal, paragone e modello per ogni gruppo che volesse fare della violenza psicologica il proprio marchio di fabbrica; nonostante forse il disco non sia il capolavoro del gruppo, è quello che rappresenta al meglio le potenzialità dei tedeschi, che in quest'opera sono meno che mai legati al classico e gonfio riffing del Doom-Death anni '90.

DTN è un opera insieme delicata e roboante,  "raffinata" e "volgare": accelerazioni vorticose e scosse telluriche convivono con giri sepolcrali e partiture mastodontiche, arpeggi intimisti al limite dell'ambient si fanno strada tra sfoghi al testosterone tipici di una certa cafonaggine da Thrash europeo. Il tutto condito da una talento compositivo sconosciuto alla maggioranza degli act contemporanei (è il 1996, ed il Black ed il Death canonici sono già in odor di crisi).
Quel senso di (auto)distruzione insito nelle liriche è trasposto non solo nelle canzoni, ma anche e profondamente nello stesso spirito della band, che sembra ricamare riff certosini per poi distruggerli sotto la vanga di un cantato che è come una secchiata di vernice su un affresco botticelliano. Il gruppo e Landfermann sembrano due entità in eterno litigio: mentre il primo affina le sue doti tecniche, arrivando a comporre in questo disco le sue partiture migliori, il secondo sembra voler frantumare questa unità decostruendo le sue linee vocali, destabilizzando l'atmosfera "Metal" ricercata con tanta convinzione dagli altri membri: le canzoni diventano lo specchio di un'anima a pezzi.

In DTN manca (quasi del tutto) ogni contatto con l'alveo dell'underground europeo, specialmente quello metallico (i confronti, almeno a livello lirico, sono da ricercare nella  scena New Wave/Dark Wave): i testi, che nel precedente Dark Metal avevano esplorato "satanismi" affini al Black, abbandonano ogni parvenza di naturalismo, di sensatezza, soffermandosi ad esplorare quella terrificante progenie di incubi che popolano lo spazio vuoto tra il coltello e le proprie vene: timori, dubbi e ritrosie sono i demoni che combattono nella mente dell'uomo, ed i profondi ed inquietanti scenari di Jurgen Bartsch (autore dei testi e bassista) li dipingono in chiave simbolica, allusiva.
Tra squarci noire ed accelerazioni chitarristiche (forse Dark Metal è la definizione più realistica dello stile del gruppo) si inserisce quel demone di Rainer Landerfmann, interprete del tormentato universo interiore di Bartsch. Un estremismo vocale il suo che sarà raggiunto più tardi solo da Nattramn, dei Silencer, nel mitico "Death Pierce Me".

Pretendere di interpretare un disco come questo attenendosi alle leggi del "bel canto" sarebbe una follia: Linderman si accorge che solamente scomponendo e mortificando lo stile si può esprimere quel brulicante mondo di incubi che ognuno porta in sé, nel proprio inconscio: l'arte insomma passa attraverso la distruzione di se stessa.
Urla, delirio e singhiozzi diventano la sola modalità espressiva che rimane all'essere umano abbandonato a se stesso, vittima della propria mente: c'è spazio anche per scream e parti growl, ma la teatralità domina ogni frammento dell'interpretazione vocale, facendo sembrare Linderman un pupazzo attraverso cui una realtà più grande fa sentire la sua voce.

Mi astengo dal giudizio, vista la particolarità dell'opera e l'assoluta originalità del gruppo; certamente invito a dare un ascolto ad un disco che, nel bene o nel male, ha concordo a creare la storia del concetto di "estremo", dando nuova linfa e creando nuove direttrici.

Elenco tracce e video

01   Schatten aus der Alexander Welt (04:26)

02   Die anarchische Befreiung der Augenzeugenreligion (09:11)

03   Aphel - Die schwarze Schlange (06:40)

04   Verheißung - Du Krone des Todeskultes (05:15)

05   Verschleierte Irreligiosität (05:40)

06   Tagebuch einer Totgeburt (04:29)

07   Dorn meiner Allmacht (08:13)

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