I Between The Buried And Me sono ragazzi intelligenti. Infatti, escludendo il superfluo lavoro di cover "The Anatomy Of" rilasciato sul finire del 2006, hanno sempre caratterizzato in maniera significativa i dischi pubblicati, compiendo ogni volta sostanziali e sostanziosi passi evolutivi. E considerando che erano già molto avanti sin da quando esordirono con l'omonimo album e tenendo presente che "Colors" è la loro quarta opera, non si fatica a comprendere come la band del North Carolina sia da annoverarsi tra quelle che stanno apportando un valore aggiunto al mondo musicale. E non azzardo nel momento in cui affermo che, proprio in virtù della scelta, per il sottoscritto per nulla convincente, effettuata dagli ultimi Dillinger Escape Plan, si potrebbe guardare ai Between The Buried And Me come a quella realtà sonora capace di proporre un sound dove tecnica, creatività, varietà, potenza, intelligenza e trasversalità generica riescono a convivere e risultare credibili senza doversi per forza inventare improbabili specchi glitch su cui arrampicarsi non sapendo più quale soluzione trovare per tirare fuori qualcosa di nuovo.
Ed è qui che sta la differenza tra i BTBAM di "Colors" e i DEP di "Ire Works"; laddove i secondi pare quasi che siano stati costretti a uscire (non so con quanta e quale convinzione) abbondantemente al di fuori del seminato e puntando sulla carta "pop schizofrenica", i primi dimostrano che anche rimanendo all'interno di determinati confini (neppure troppo ristretti) è possibile risultare propositivi e convincenti. Le otto tracce seguono una linea di sviluppo perennemente mutevole, ma tale da risultare coerente e fluida nel susseguirsi degli eventi musicali descritti, con estrema cura per i dettagli e per le opere di raccordo che collegano le varie parti, a tal punto che non ci si rende quasi conto che il lungo percorso intrapreso in compagnia di Between The Buried And Me ci consente di visitare il metallo classico, il progressive, il death, l'hard rock, il metal-core, le avanguardie più coraggiose del rock, il thrash, la forma canzone articolata, il post metal e innumerevoli altre sfumature (siano esse elettroniche, "teatrali", folk e persino country), ma evitando forzature nella scrittura.
E questo è un elemento di merito supremo, perché ci si siede al minuto zero e ci si rialza dopo 64' e 14" consapevoli di aver partecipato a un viaggio discografico unico, talmente grande che solo il tempo vi potrà permettere di cogliere in tutta la sua meravigliosa immensità.
Carico i commenti... con calma