Questa recensione necessita di un paio di premesse. Sarò stringata. Premessa numero 1: non sono una fan di Biagio Antonacci, di lui conosco solo quello che hanno passato e passano le varie radio e i vari Sanremi e Festivalbar e via dicendo e quello che mi hanno negli anni propinato le varie amiche in crisi ormonale.Premessa numero 2: la decisione di ascoltare (e poi recensire) questo album è scaturita dall'essere venuta in possesso di due tagliandi omaggio per mezzo dei quali ho assistito al concerto del cantante in questione in quel dello stadio Meazza il 30 giugno scorso. Da qui il mio desiderio di approfondire i pezzi che non ho potuto apprezzare fino in fondo durante la (non affatto scarsa) performance live, perchè a me ignoti. E la scellerata idea di procurarmi l'ultimo lavoro del rozzanese, l'irrecensibile "Vicky Love".Fine delle premesse. "Vicky Love", ovvero "Il kamasutra riscritto da un'autorità nel campo, ovvero il signor Antonacci Biagio da Rozzano". Valà, debserioti, vi vedo già lì allupati con lo sguardo torvo a dire che c'entra Antonaccio con il kamasutra? C'entra signori miei, in questo caso c'entra. Smessi i panni (larghi) e il capello lungo dell'hippie di periferia e le atmosfere flower power di "Mi fai stare bene", smesse (in verità da tempo) le protoribellioni rock di "Liberatemi", Biagio ci fa vedere di cosa è capace un quarantenne benestante medioborghese e ci propone un cd di musica infima, ma di testi sessualmente prorompenti. L'intento è chiaro fin dal libretto, in cui si mostra "nature": ha dichiarato di averlo fatto per offrire al pubblico la sua parte più intima (oh, che nobile gesto), secondo me invece è un ottimo modo per dire subito "pane al pane e vino al vino". Non voglio mettere nessun accento sulla musica, sarebbe impossibile, dal momento che la musica in queste tracce risulta drammaticamente latitante. Al suo posto, un ensemble variegato di note poliformi, che nessun altro scopo hanno se non quello di costituire un sottofondo alle dichiarazioni che il belloccio Biagio fa scaturire dalla sua prodigiosa penna. Biagio, un poeta incompreso dei nostri tempi. Come spiegare altrimenti l'ermetismo introspettivo di parole come "guarda che le cose che ti dico non si amano, se devi amare devi amare me....ci morirei su quel tuo corpo bianco e bello morirei"??? Ma questo è solo l'inizio, perchè il singolo radiofonico non sia tale da scioccare troppo le giovani coscienze. Le pietre miliari del lirismo si celano nelle pieghe delle tracce interne. Come restare indifferenti a parole del tipo "finisce il giorno e dovrei riuscire a dormire, ci provo ma con a fianco te la testa va sempre lì, ancora tra le tue gambe col tuo respiro ansimante" ("E' Soffocamento")? Fin dalla prima traccia si vede il mezzo usato per vendere: quale argomento più del sesso attira la gente, indi i suoi soldi???Biagio, da navigato volpone quale è, sembra saperlo bene e si vede. Dall'inizio alla fine questo "Vicky Love" è tutto un declinare in vari modi (quasi sempre discutibili) l'oraziana ars amandi. Se non fosse una parolona, lo definirei un concept incentrato sui vari modi di saper scopare: non si spiegano altrimenti parole come "C'è silenzio quando escono i giornali/È silenzioso il tocco...fertile...dei seni...." ("C'è silenzio"). C'è di tutto: dal tocco fetish raffinato ("sarò sarò imprevedibile... bacerò i tuoi piedi stanchi e dormirai"), al pensiero di ribellione contro la classe dirigente arrogante ("Capo sua moglie è troppo scollata / La penso di notte velluto e sdraiata / Capo sua figlia è un filo viziata / E non Le assomiglia un gran che.....") fino alle performance campestri-bucoliche ("Coccinella sei volata fino a qui / Ti ha portata forse il vento o la fortuna / Sei venuta a vedere l'amore come si fa / Sei venuta ed io per caso ero qua.....") in quella che, invero forse per la mia innata caratteristica di voler vedere del buono anche dove del buono non c'è, considero comuque l'unica traccia salvabile e cioè "Coccinella". Ma la chiave di volta di tutto è alla fine, dove nello spazio delle ultime tracce balza alle orecchie il vero, inimitabile colpo del genio. Innanzitutto l'apologia sulla masturbazione e sugli orgasmi simulati che è "Non eri tu": storia di un uomo deluso dalle prestazioni sessuali della partner, che non trova di meglio che evocare mentalmente altrui scopate e/o piaceri solitari per poter condurre l'atto a una fine che sia almeno dignitosa ("La prima volta che abbiam fatto l'amore / Ho avuto un sintomo sporadico / Mentre cercavo di portarti piacere / Ho visto torbido negli occhi tuoi e per godere ho dovuto volare / Rispolverando un corpo non il tuo / Se per godere mi devo inventare.... Non sei quel brivido di libertà......" capolavoro!!!!!). Intorno a quel "sintomo sporadico" potremmo scomodare fior di sessuologi e intavolare delle discussioni sui massimi sistemi che... ma no. Andiamo avanti. Lasciamo scorrere l'ultima traccia e aspettiamo 1 pò. Accade l'impensabile. Addirittura una dedica dello stesso Biagio, recitata con voce suadente, che si scomoda a spiegare la ghost track (wow). Trattasi di "Fotografie", brano rinvenuto da Biagio su un vecchio nastro DAT (è lui stesso che accuratamente ce lo spiega non lesinando particolari) e proposto tale e quale, in quanto ancora attuale e confacente alle ultime svolte artistiche e cantautorali, nonostante abbia più di qualche lustro di vita alle spalle. Stupefacente.  Mai nella mia vita avevo dovuto sorbirmi un'ora di racconti di amplessi veri o presunti, arricchiti nel finale da una favoletta per bambini in cui non mancano profondi ringraziamenti ai fans, rassicurazioni e auguri di felicità e buona salute e prospettive di luminoso futuro. Mamma mia, che brividi. Qualcosa come 5 minuti di raccontino di vita e poi una traccia che sarebbe stato meglio nascondere per altri 15 anni. Mmmm, "Vicky Love"... tasto destro... elimina... spostare la cartella e tutto il suo contenuto nel cestino? Assolutamente si....

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