“Albert you were special, one of a kind

The stars in your eyes turned others blind.

Did the gods want you back or the goddess cry

Were the heavens alone without you?

Were the angels sworn to take you back home

To the halls of Valhalla where the brave can roam

And the horn of honour in tribute be blown?”

Il cielo mi affascina, da sempre, è un assioma, indiscutibile.

D’altra parte, però, non ho mai viaggiato molto per motivi meramente economici. Soffro di vertigini, ma questo, fortunatamente, non ha mai condizionato i miei rari voli, sempre con l’oblo alla mia destra.

Ho sempre goduto della visione dei paesaggi che solo un’immagine aerea può farci ammirare nella sua complessità, le infinite sfumature che ci regala il mare, dall’azzurro al cobalto, dal verde acqua al pervinca, d’altra parte mi ha sempre turbato lo spiare da una finestra tonda la vita altrui, ma soprattutto mi sono sempre trovato a combattere con un certo senso di distacco, come se tutto ciò che fosse a terra non mi appartenesse veramente o non ne fossi ancora riuscito ad apprezzar la fattiva bellezza.

C’è chi dai cieli, ad Annouellin, a due passi dal Belgio, ha raccolto un corpo, malconcio, in fin di vita.

Una giovane donna, una contadina, fresca di maggiore età. Madamoiselle Lieppe-Coulon.

Dal cielo era piovuto con i rottami di un aereo un ragazzo, ventunenne, abbattuto da non si sa chi.

Si è visto l’ingaggio con l’Albatros Rosso, ma non si sa come le cose siano andate realmente, forse nemmeno quella ragazza, tra le cui braccia Albert Ball ha esalato l’ultimo soffio di vita.

Questa ragazza non sapeva dell’incredibile numero di vittorie che aveva conseguito per l’aviazione inglese durante quel primo maledetto conflitto che ha coinvolto l’intero pianeta, non lo sapeva, ma la sua testa poggiava sulle sue ginocchia in punto di morte.

Non importa se sia stato un cecchino da un campanile o se sia stato il “Circo Volante” dei fratelli Manfred (“Der Rote Baron”) e Lothar von Richtofen ad abbattere quel ragazzo, lupo solitario e creativo del confronto aereo, ma quel che importa è che oltre la guerra questo ragazzo, di soli ventun anni, si è reso partecipe di una grande battaglia, di una grande guerra, artefice di quarantaquattro vittorie, la sua stele è nel cielo ed è stato riconosciuto come eroe nazionale, perché ha preso per mano il suo paese e l’ha portato in cielo con lui nel tentativo di onorarlo.

E’ la vita che fa crescere le persone, non i compleanni e alle volte è necessario crescere prima. Indiscutibile.

I “Big Big Train”, con il loro decimo album in studio ripartono da “Folklore”, precedente album del 2016, che si era prefissato di riscoprire una parte della storia del loro paese (la Gran Bretagna) e in questo “Grimspound” ampliano il discorso, cominciando proprio con la lunga traccia principe, “Brave Captain” (oltre 12’ di ascolto), dedicata alla memoria di Albert “The Flying Romeo” Ball, articolata in quattro parti (“Captain Albert Ball Cradled In The Arms Of Mademoiselle Lieppe-Coulon, May 7th 1917”, “Memorial To Captain Albert Ball, Nottingham Castle Ground 1973”, "The Great Game" e “Annoeullin (The Present Day)”), con una ambientazione coinvolgente e suggestiva.

La composizione di David Longdon, multistrumentista e voce principale del gruppo di Bournemouth, è molto articolata e lascia ben presto che i vari strumenti prendano voce e ci raccontino la storia dell’aviatore inglese.

Greg Spawton (basso e chitarra baritona) e Andy Poole (chitarra, tastiere e cori), leader storici ed unici membri originali (ndr: Poole ha abbandonato di recente la formazione), si fanno affiancare, oltre che dal già citato Longdon (flauto, piano, chitarra, mandolino, banjo, liuto, celesta, sintetizzatori, percussioni), dalla chitarra di Dave Gregory, dal batterista Nick D’Virgilio (sostituto di Collins nei “Genesis”) e dalla violinista, violista e cantante Rachel Hall.

Rikard Sjöblom (tastiere, chitarre) e Richard Manners (tastiere e contrabbasso) fanno parte della band da meno tempo (2012 Manners, 2014 Sjöblom), ma grazie alla loro vena compositiva hanno arricchito il sound del gruppo e, nell’album presente, hanno contribuito con la composizione e l’arrangiamento di tre brani, ovvero “On the Racing Lines” (indirizzata al pilota automobilistico John Cobb, deceduto nella sua imbarcazione a Loch Ness, dando credito alla storia del leggendario mostro), interamente strumentale con la partecipazione del violoncello di Philip Trzebiatowski, che riprende passaggi in stile “Yes” e “Genesis”, la cantabile “Meadowland”, dedicata a John Wetton, terra in cui tutti possono condividere pensieri e idee in libertà, e la maestosa composizione di oltre 15’, “A Mead Hall in Winter”, che dà sfogo ad un campionario di idee, melodie ed arrangiamenti davvero sontuoso, sempre in movimento, mai banale, ma perfettamente coeso.

Godibile la title track e l’epilogo “As the Crow Flies” con il doppio cantato di Longdon-Hall.

La bellissima tripartita “Experimental Gentlemen” (“Reflectors Of Light”, “Merchants Of Light” e “The Wonder Of It All”) ricalca lo standard dei BBT con transizioni musicali e scambi tematici davvero di livello, tutt’altro che scontati, inserendo momenti prog ’70 (riverberi, chitarre, celesta), a sonorità assolutamente attuali (sintetizzatori, pedali su chitarra baritona). E D’Virgilio si diverte di brutto!

La mia traccia favorita, anche se probabilmente non la più entusiasmante per molti, é la collaborazione con la mitica Judy Dyble in “The Ivy Gate”, una traccia che definirei folk-prog, che non ho idea se esista come termine, non mi sono mai documentato, ma mi ha letteralmente rapito. Una ballata triste che parla del senso della famiglia e della paura di perdere fiducia, stato sociale e la vita stessa in tenera età. L’espressività vocale della Dyble è un perfetto complemento alla setosità della voce di Longdon. Masterpiece.

Questo lavoro rientra nella mia top ten degli album dello scorso anno solare e ve lo consiglio caldamente, senza farvi spaventare dalla lunghezza complessiva (1h7’), che, a mio parere, non è nemmeno eccessiva, probabilmente un piacevole accompagnamento per una piacevole traversata della volta celeste.

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