F is for family, distribuita da Netflix, è una serie animata USA del 2015 ideata da Bill Burr e Michael Price.

Si compone di 4 stagioni da 6-10 puntate ciascuna, durata 25min ca. per episodio.

La serie è ambientata nei primi anni ’70 e la “family” in questione è la famiglia Murphy.

Frank Murphy (al quale presta la voce lo stesso Bill Burr) è un quarantenne reduce dalla guerra di Corea. Lavora presso la “Mohican Airlines” si occupa del trasporto bagagli.

La moglie Sue (doppiata da Laura Dern) lavora part-time (con grande sacrificio e scarso successo) alla "Plastic Ware" (utensili in plastica per casalinghe).

In ordine decrescente i 3 figli: Kevin 15 anni, ribelle, svogliato, mezzo hippy, mezzo rocker, mezzo tossico, mezzo fallito. Il mediano Bill, 11 anni, pel di carota, vessato e bullizzato da cattive compagnie, il padre lo chiama femminuccia. Maureene 8 anni, magari sarà lei a dare qualche soddisfazione a scuola.

Interessante la scelta di ambientare la storia nell’America dei primi anni 70. Il quadro che emerge è già disilluso rispetto a quello che doveva essere il sogno americano, fosse anche per una famiglia piccolo borghese come i Murphy. Frank del resto, è spesso irascibile, per la complicata gestione della routine familiare, dei soldi che non bastano mai, represso per il suo sogno giovanile infranto di diventare un pilota di aerei quando invece li vede solo decollare all’aeroporto dopo averci infilato le valigie dei passeggeri dentro. Per Sue poi, forse è ancora più dura, tirar su tre figli col marito al lavoro, il part-time, i tanti impegni familiari…

Sebbene il modello familiare possa ricalcare quello dei Simpson e/o dei Griffin per via di certo turpiloquio o situazioni demenziali, “F” se ne discosta nella misura in cui si prende più sul serio, ha un taglio sicuramente più realistico ed adulto, anche nella confezione dei dialoghi. Le dinamiche familiari, i litigi, gli imprevisti, i piccoli drammi quotidiani, sono gli elementi cardine che ruotano attorno ai vari episodi con un corollario di personaggi di contorno, talvolta irresistibili. È il caso di Vic, il vicino di casa, un 30enne play-boy alto, biondo, bello, sempre strafatto di coca e dio solo sa cos’altro e pieno di donne e soldi che regala diversi momenti di ilarità e malinconia. Oppure gli scalcinati colleghi di lavoro di Frank, paradigma della mediocrità e dell’approssimazione.

“F” prende di mira, soprattutto, alcuni stereotipi tipicamente americani, piuttosto in voga in quel periodo storico. Il culto del machismo ad esempio: all’epoca era ancora il maschio “alpha” a farla da padrone, il maschio americano 1.0 ovviamente eterosessuale, maschilista, birra in mano, patriota, razzista verso gli afro-americani. La critica è cristallina e buttata là senza tanti complimenti e quasi en-passant, percepita nei dialoghi degli stessi protagonisti, che se la ridacchiano non curanti mentre sparano bordate non da poco, ad esempio durante un barbecue in giardino decantano le virtù di un momento simile dicendo “è per questo che andiamo in guerra ad ammazzare i musi gialli, per gustarci questi momenti”. Compendio di tale stereotipo è Chet, il vicino di casa dei Murphy (lui sì) pilota d’aereo, reduce dl Vietnam (la moglie è vietnamita). Chet è l’eroe di Frank, il suo mito, è quello che ce l’ha fatta (perlomeno a pilotare un aereo).

Netta, anche la critica ad una società, già accennato, maschilista; si veda a tal proposito quante difficoltà incontra Sue nell’ambiente di lavoro e come viene trattata dagli uomini che considerano la donna un essere inferiore, esattamente come un negro.

Neanche la religione viene risparmiata. Con ripetuti attacchi sui generis tesi più che altro a, semplicemente, discreditare il concetto stesso di religione, aderendo ad una posizione più o meno “atea”.

Acclarato che la serie ha dunque un taglio “adulto” e qua e là serioso, si tenga presente che trattasi in ogni caso di cartoon e molti sono i momenti di svago ed ilarità, a tratti irresistibile, che emergono in varie circostanze. Felici, diverse battute spesso condite da un linguaggio più che colorito “forse per oggi la vita ha finito di farci mangiare panini alla merda” (mancano solo le bestemmie).

Sembra che non ne vada bene una alla famiglia Murphy, una pentola a pressione in procinto di scoppiare, eppure a ben vedere, dai vicini di casa, ai colleghi di Frank, dagli amici dei figli, alle amiche di Sue, sono proprio loro i più normali o i meno disastrati. La famiglia, con tutti i problemi del caso, resta unita e i buoni sentimenti, e qualche lacrimuccia, ogni tanto fanno capolino.

La serie ha ottenuto un buon successo di critica e pubblico, gli autori hanno già lavorato alla quinta serie ma al momento non sappiamo se Netflix darà l’ok.

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