Saranno solo tre giorni che questo disco mi è arrivato, ma già gira ininterrottamente nel lettore. Pratico la mia quotidiana bicicletta ellittica (vi prevengo: no, non ha le ruote sbilenche! Informatevi, maledetti spiritosoni!) e metto il CD di sottofondo.

Parola di Bill Evans: "I am a ¾ person" che significa più o meno "mi sento completamente a mio agio sui tempi dispari" cioè, per i meno addentro, il walzer o giù di li (un-due-tre, un-due-tre… ). Questo detto a suo tempo con tutta l'anima romantica che informava il fine intelletto dell'artista. Inoltre da subito, a dispetto delle migliori collaborazioni avute nel corso della carriera, si capisce chiaramente che la gran quantità di idee originali ed il suo incredibile "new jazz conception" danno sicuramente il meglio nell'ambito del triangolo robusto, perfetto ed eterno costituito da piano - basso - batteria.

Malgrado quanto sopra, evidentemente ogni regola ha le sue brave eccezioni ed il disco di cui all'oggetto, registrato nel corso di una tournee europea nel 1974, costituisce un'autentica gemma. Registrato nel giorno del 44° compleanno (ed altri giorni attorno) di Bill, vede la presenza sullo stage dell'allora trio di Evans, con Eddie Gomez al contrabbasso e Marty Morell alla batteria ed infine Stan Getz come comprimario aggiunto al sax. La collaborazione tra Evans e Getz era già avvenuta in studio nel 66, con un risultato forse un po' interlocutorio. La cronaca di questa registrazione, oramai più "storia" che "cronaca", vede un dolce e trascinante inizio con un pezzo (a tempo di walzer) non molto frequentato:

1) Grandfather's waltz. Dopo un romantico e sognante intro - esposizione del tema in "no-tempo" da parte di Bill, arriva il caratteristico sax "soffiato", lento e personalissimo di Stan Getz. È decisamente il relax più intelligente: fatto di note bellissime e ben messe. Dopodiché si… aprono le cateratte: contravvenendo a precisi accordi preliminari che prevedevano una precisa "scaletta" o comunque un gruppo prestabilito di brani da eseguire in concerto, il sassofonista si lancia in un improvvisato

2) "Stan's blues". Bill all'inizio esegue un intero giro di accompagnamento, forse pensando che subito dopo subentri un tema noto, come spesso succede tra jazzisti; purtroppo Stan prosegue nel banale e classicissimo giro blues "da riscaldamento". Allora Evans si blocca completamente: sino in fondo. Il brano viene portato alla fine in maniera eroica ma in scioltezza assoluta da Stan Getz, Eddie Gomez e Marty Morell. Siccome non tutti i mali vengono per nuocere, si assiste qui ad una performance di alta classe dei tre: Getz è stellare ed inventa chorus dopo chorus, mentre Gomez è letteralmente ovunque, sia armonicamente che come supporto ritmico; ad un certo punto sembra anche lanciarsi in un assolo, ma leggenda vuole che venga fermato da Evans con un'occhiata gelida. A seguire questo momento di assoluto imbarazzo viene

3) "But beautiful" in cui la comunione del quartetto si ricostituisce appieno, con un Bill Evans ora in gran vena e volutamente molto più sul tempo del solito; a volte sembra di ascoltare Oscar Peterson. Lo scambio di empatia con Getz parte dalle gelide terre in cui si era arenato e pian piano prende a volare a livelli impensabili. Grande disco. Già qui: solo all'inizio del terzo brano! Ben registrato e con ciascun strumento in bella e giusta evidenza.

4) "Emily" è evidentemente una conversazione tra musicisti di levatura galattica: empatia tra esseri umani su codici da noi stabiliti per creare qualcosa che travalichi i confini ed i limiti fisici imposti dal tempo e dalla natura, tramite dei semplici pezzi di legno o metallo che chiamiamo strumenti musicali!

5) "Lover man" in questa versione è un'altra impietosa e grande metafora della vita. Standard ora eseguito in assoluta souplesse e "bevibile" ascolto dopo ascolto senza stanchezza. Confesso di aver rimesso, all'inizio, questo pezzo almeno tre volte consecutivamente in attonita ammirazione. Personalmente non mi succedeva da quando avevo sedici anni e cercavo di "tirar giù" gli assoli dagli LP di John Mayall o dei Led Zeppelin (quanta acqua sotto i ponti!). Si capisce meglio in questo CD la frase di Miles Davis a proposito di Evans: "He plays the piano the way it should be (played)" nel senso che un accompagnamento così te lo fanno in pochi. Un artista, grandissimo anch'egli, che forse ci arriva è Pieranunzi, non a caso biografo di Evans e suo degno discepolo. Brad Mehldau in trio è valido ed originale; forse come accompagnatore un po' meno. Eccetera eccetera.

6) "Funkallero" è un temino semplice-semplice eseguito ad alta velocità come astuto veicolo di elucubrazioni logiche di gran gusto, che testimoniano la predilezione di Evans per lo swing esplicito e la grande cura nel fraseggio, la custodia di un tempo inesorabile e preciso. Getz arriva sempre un po' "seduto" sul beat ma puntuale ed aggressivo; come un mastino che non molla e che non sbaglia una nota od una frase. Confesso di aver poco di Getz, ma se questa è la media qualitativa penso di dover iniziare ad aprire e "scrutare a fondo" il capitolo.

7) "The peacocks" viene eseguito in solo duo di sax e piano; il pezzo costituisce un momento di intensa comunione tra Bill Evans e Stan Getz. Lascito ereditario alle future generazioni di un notevole bagaglio di classe, eleganza e sobrietà. Pur avendo frecce di grosso calibro nella faretra, i due preferiscono sussurrarsi una storia malinconica; "narrare" sarebbe forse il termine più giusto. Il tema è di non facile esecuzione, ma Getz entra "nel mood" da subito. Capolavoro. Alla fine dei "pavoni" (peacocks), Stan offre un omaggio e forse tende idealmente la mano a Bill, eseguendo per circa due minuti in solo la melodia dell' "Happy birthday to you", per poi sfociare in

8) "You and the night and the music" che parte lentamente, un po' in sordina, come un espresso dalla Stazione Centrale di una qualsiasi metropoli. Il ritmo pulsa e la sezione ritmica si conferma stellare per tutta la durata. Di nuovo viene Oscar Peterson prepotentemente in mente. Evidentemente l'abitudine di Bill Evans di preferire ingaggi nei locali dove si fosse appena esibito Oscar, così c'era la certezza di trovare un piano di ottima qualità, ha fatto si che per doti omeopatiche qualcosa dell'uno passasse direttamente dalla tastiera alle dita dell'altro. Ancora mi trovo a rimettere un brano da capo! Francamente non capisco perché, girando in rete, si trovino anche delle recensioni non troppo entusiastiche di questo disco che, per chi scrive e per ciò che può valere, è senz'altro bellissimo; didattico nonché forse eterno. Sto invecchiando. Evidentemente. Il nastro è restato nei cassetti della casa discografica dal 1974 al 1995. Incredibili cose succedono.

9) "See saw" e 10) "Two lonely people" vengono infine eseguiti solo in tre, senza sax e ci danno l'ennesima riprova di cosa vuol dire fare arte in piano trio ai massimi livelli di tutti i tempi. Jarrett si è abbeverato molto da queste parti. Un pizzico di maggior spazio interpretativo viene finalmente concesso anche ai due ritmi nei due pezzi in questione ed una conseguente risposta dinamica del pianista arricchisce i brani nella maniera migliore.

Musica di alta qualità. Ne abbiamo bisogno tutti; come dice anche Maurizio Pollini "… perchè la qualità fa bene". Sottoscrivo. Non potete non accattarvelo sentite a ‘mme!!! V. ;-)

Elenco e tracce

01   You and the Night and the Music (07:54)

02   But Beautiful (05:42)

03   Emily (05:49)

04   Lover Man (08:09)

05   Funkallero (06:28)

06   The Peacocks (07:14)

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