Anno di nascita: 1944
Luogo di nascita: Panama
Segni Particolari: Drum-machine umana.

1972: la "Mahavishnu Orchestra" di John McLaughlin perde il percussionista, che stanco di essere costretto "semplicemente" ad inseguire le progressioni funamboliche della Gibson a doppio manico del sopracitato, decide di invertire le parti, forma una band più che discreta, ed inizia a costringere gli altri ad inseguirlo.

1973: Esce "Spectrum", opera prima che centra in pieno i tre obbiettivi che il Cobham si era prefissato alla partenza.
1 - Far vedere al mondo che Krupa, Rich, Bonham e chiunque fosse considerato un grande percussionista, doveva guardarsi le spalle.
2 – Rinnovare nelle orecchie delle grandi platee le sonorità del Jazz.
3 - Pagare le bollette, non deludendo i vecchi fans ma aggiungendone di nuovi.

Per fare ciò il nero dagli avambracci volanti propone un assemblaggio di tracce che soddisfano tutto il pubblico a cui vuole proporre l’opera. Il primo punto viene ampiamente soddisfatto con tre pezzi più un interludio, suonati in “solo”: “Anxiety”, “Searching For The Right Door”, “Snoopy’s Search”, e la la prima parte di “Stratus”, che hanno fatto perdere a “Moby Dick” qualche punto nella mia classifica personale: tecnicamente ineccepibili, ritmicamente coinvolgenti, e con la massima potenza conferibile a quelle velocità (non sarà Brad Wilk o Vincent P. Abbot, ma grazie al c...).

Il secondo e terzo punto vengono “fusi” nel resto del disco, con “Taurian Matador” in cui il Nostro organizza una “rissa” con la chitarra di Tommy Bolin, “Red baron” porta le sonorità psichedeliche di quegli anni (1973, anno di Pink Floyd, Yes, Genesis, Michele Vecchiocampo) con le tastiere di Jan Hammer, la seconda parte di “Stratus”, con il basso di L.Sklar, “Spectrum” con il sax di Joe Farrel (Al tempo più famoso dello stesso Billy), ed infine Quadrant 4, in cui chitarra e percussioni fanno da “contometristi” del suono. Sicuramente il secondo gruppo di canzoni, che lo vede anche sotto la veste di compositore, è di più facile ascolto, ma senza mai risultare banale, lasciando spazio agli altri strumenti ma senza mai mollare i muri di suono da lui architettati, e tende la mano verso una tipologia di jazz (denominata poi Jazz Fusion), facendo un piccolo passo verso il rock di quegli anni, che, se voleva pagarsi le bollette, con la caterva di perle a cui mi riferivo poche righe prima, le chiacchiere stavano a zero, e sicuramente sempre per lo stesso motivo non ha particolarmente sfondato questo prodotto, mentre The Dark Side Of The Moon...che ve lo dico a fare?

Ultimo appunto, può non piacervi, può farvi ribrezzo, ma se vi capita di vedere il suo nome in un cartellone di un festival (Viene in Italia spessissimo), non potete perdervi un vecchietto che ci mette un ora ad arrivare alla batteria, ma una volta seduto sembra che abbia fatto uno “spuntino alla Sid Barret”.Uno dei più grandi musicisti in circolazione, per tecnica, idee, talento di improvvisazione (con tutto il rispetto del batterista di Nek).

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