Anche se oramai la vita artistica di Billy Joel sembra ancorata al passato (Joel non pubblica un disco pop dal lontano 1993, anno di uscita del fortunato "River Of Dreams"), il suo nome, almeno negli States continua a circolare insistentemente grazie a tour da tutto esaurito da solo o in coppia con l'amico "piano man" sir Elton John. Il suo avvicinamento alla composizione di musica classica, che lo portò ad incidere un disco strumentale "Fantasies & Delusions" nel 2001, sembra per ora scongiurato da un timido riavvicinamento alla musica pop-rock che speriamo lo riporti ad incidere qualcosa di nuovo.

Punzecchiato dalla recente recensione di Cappio al Pollo, vorrei ritornare su questo secondo lavoro del compositore americano. Trattasi senza dubbio di uno dei suoi tre capolavori. Uscito nel 1973 dopo due anni di totale demotivazione verso il music business. Billy Joel, erano anni, che provava a sfondare nella musica, prima come componente di gruppi come gli Echoes, gli The Lost Souls, gli Hassles e gli Attila, poi da solista con lo sfortunato esordio "Cold Spring Harbour" uscito nel 1971, ma che venne rivalutato solo a metà carriera quando il suo nome era al top.

La delusione del mancato successo portò Joel ad abbondonare la strada delle case discografiche per tornare al suo vecchio amore , il piano bar. Inizia così a girare l'America  con lo pseudonimo di Bill Martin. Intanto però continua a srivere e dal suo piano esce quella lunga "Captain Jack" che gli valse un nuovo contratto  con la Columbia e che costituirà l'asse portante di un nuovo album alle porte.

"Piano Man" vede la luce nel 1973 e può vantare almeno tre composizioni che entreranno di diritto nella scaletta dei suoi concerti negli anni a venire. La title track è senza ombra di dubbio una delle sue migliori canzoni di sempre. Joel traduce in musica con uno stupendo crescendo la vita di quel Bill Martin che solo pochi mesi prima sbarcava il lunario girando le città americane in compagnia del suo solo strumento, il pianoforte.

In questo album Joel decide di infarcire il suono di nuovi strumenti avvicinandosi di più alla tradizione americana a differenza del precedente album in cui a farla da padrone era quasi esclusivamente il suo amato piano. Compaiono così strumenti tradizionali come armonica, violini e banjo. Gli strumentisti che lo accompagnano non sono ancora la band che inizierà a collaborare dall'album "Turnstiles" (1976) in avanti.

Lo spettro sonoro di Joel si arrichisce di nuovi colori come l'iniziale invocazione al Signore di "Travellin' Prayer", veloce country song guidata da un banjo indemoniato con una coda di violino da festa campestre. Country sono anche l'evocativa dedica d'amore di "You're My Home" con una pedal steel in sottofondo e la stupenda "Stop in Nevada" canzone su quanto sia difficile dire addio a qualcosa di caro.

Ci sono poi due canzoni dal forte sapore gospel che anticipano di dieci anni il Billy Joel di "An Innocent Man"(1983), come "Ain't No Crime" e "Worse Comes To Worst", in cui compaiono le The Creamers.

A completare il tutto, la saga western di "The Ballad of Billy The Kid" e le più classiche canzoni "If I Only Had The Words(To Tell You)" che si ricollega al debutto e "Somewhere Along The Line".

Purtroppo "Piano Man", pur essendo un signor disco, non porto' immediata popolarità a Joel che dovette aspettare altri due album per arrivare al successo mondiale che gli portò "The Stranger" (1977), ma questa e' un'altra storia...

Vorrei inoltre segnalare per i completisti la versione demo di "Piano Man" (per scoprire come è nato un piccolo capolavoro) e due canzoni del periodo mai uscite ufficialmente: "Oyster Bay" e "The Siegfried Line", contenute nel bellissimo Box "My Lives" uscito nel 2005 (4 cd e un DVD che ripercorrono la carriera di Joel con preziosi inediti).

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