Il gocciare dell'acqua. Il canto degli uccelli. Il sibilo del vento. Ingredienti acustici che vanno a comporre il mosaico di "Substrata": terzo album di Biosphere, uscito nel 1997 e tra i suoi lavori più noti. Il territorio è quello di un'ambient music raccolta e intimista, che in ognuna delle undici tracce disegna un bozzetto sonoro di un paesaggio immaginario.

Nonostante i brani siano legati tra loro senza interruzione, essi hanno ciascuno una precisa connotazione stilistica: si evita così una potenziale monotonia, il rischio principale della musica ambient. Dai quattro suoni ripetuti di "Poa Alpina" si passa al pulsare di un solo suono nella traccia seguente, "Chukhung", dal giro armonico di "Times When I Know You'll Be Sad", ripetuto ossessivamente nell'ambito di quella che si potrebbe considerare una stralunata song, si passa al drone di "Hyperborea" su cui viene inserita una voce off tratta da un episodio della serie tv Twin Peaks.

E potrei continuare, visto che i brani sono tutti diversi tra loro da un punto di vista strutturale (anche nella scelta delle voci campionate: in "Kobresia" tocca a un frammento in russo relativo a un esperimento di telepatia...). Il norvegese Geir Jenssen - questa la vera identità celata dietro il nome d'arte Biosphere - è poi abile abbastanza da articolare ciascun pezzo, che spesso conosce un'evoluzione (se non proprio una variazione) dei materiali di partenza.

"Substrata" è diventato un lavoro ormai classico nel panorama dell'elettronica ambient, tanto che nel 2001 è stato ripubblicato in formato doppio cd (il primo cd contiene il remaster dell'originale, il secondo una colonna sonora per un film di Dziga Vertov del 1929). Una tappa importante anche per comprendere l'evoluzione di un musicista che si era fatto notare con i Bel Canto, etereo synth trio di cui Jenssen ha fatto parte sul finire degli anni '80, per i primi due album usciti per quella band.
 

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