Una maratona può essere tumultuosa e costellata di difficoltà. La metafora della vita quotidiana come una routine che viene scandita ora dopo ora, azione dopo azione, in un interminabile susseguirsi d’eventi non è neanche del tutto così nuova. È un terreno ben solcato in lidi come quelli calpestati dall’hardcore punk. Non sorprende neanche che una band proveniente da un piccolo paesino come Laval, immerso nella Mayenne, nel nord-ovest della Francia, con uno sguardo che punta a un lontano Oceano Atlantico, riesca a catturare l’essenza di quella monotonia e tranquillità assordante che può caratterizzare la periferia urbana. Una calma piatta in grado di tediare l’umore. Una pacatezza che suscita voglia di fuggire ed evadere. Un turbine da cui se ne può uscire malandati, con cicatrici da ricucire, in cui si combatte sempre e solo con se stessi. Qui subentra “Personal War” che ha il compito di catapultare nuovamente i transalpini nella loro personalissima Odissea costruita su un hardcore nevrotico ed emotivamente instabile.

Avevamo lasciato i Birds In Row gridare “the hope is saving” in “You, Me & The Violence” con delle corde vocali pronte allo sfracello. Tre anni più tardi li ritroviamo annegati in uno scenario ancora più plumbeo e incendiario. Le storie che B. racconta non sono solo disilluse, ma si arricchiscono di un dramma personale che fluisce vigorosamente nel tormentato mondo avvelenato che ispira gli assalti caotici. Nelle raffiche impazzite i Birds In Row però non perdono mai di lucidità, anzi, si ha sempre la sensazione che siano assoluti padroni delle coordinate su cui vogliono fare terra bruciata. È questo il loro punto di forza. Una personalità straripante che perisce lentamente sotto i colpi di un’apatia forzata. I nostri non sono cinici, al massimo lo sono diventati. Non nascondono minimamente come la società contemporanea gli susciti una repulsione lancinante. È una presa di coscienza che li porta a voler reagire, rifiutandosi di collassare al suolo. La loro visione introspettiva crea la formula chimica dinamitarda per tramutare a livello musicale tutte queste impressioni sofferenti. L’incendio divampa grazie a uno dei graffiati più espressivi della scena hardcore, quello di B. Ascoltando “Personal War” infatti non si può far altro che immaginanarlo lì sul palco, chino, attorcigliato sulla sua Rickenbacker, con le vene sul collo pronte ad esplodere, con una carica espressiva alimentata dalla dimensione poetica dei testi.

Non è facile spogliarsi delle proprie fragilità, dimenticare il passato, o cercar di contrastare le serpi che, sul ciglio della porta, premono sempre più forte. Si è spaventati e le incertezze divorano nell’oscurità una torcia sommersa nel buio più soffocante. Nei sette brani di “Personal War” troverete sette ritratti di cosa voglia dire metter emozioni e sentimenti nell’hardcore. Ogni volta i Birds In Row cambiano le carte in tavola. Partendo da “Intro” fino ad arrivare all’escalation conclusiva di “Marathon” delle precise scelte di songwriting isolano e concepiscono specifici intrecci sonori. In parole povere B., Q. & T. sanno come plasmarsi a seconda dell’atmosfera che vogliono trasmettere. Dalla frenesia angosciante, passando per sentieri più malsani e dilatati, fino a raggiungere climax vertiginosi che sanno tanto di punto di non ritorno. In soli diciotto minuti ci sono tutte le immagini che i Birds In Row vogliono partorire, senza dare indicazioni chiare, bensì sfumando in digressioni post-hardcore e noise. Alla fine di “Personal War” si arriva esausti per via dell’intensità sprigionata dai nostri che, dopo un 2014 passato nel segno dell’incertezza, sono tornati più decisi e affamati che mai. Anche perché per citare loro:

“This marathon has no end I know, but all I can do is run. And I forgive my legs when they burn. And they burn.”

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