Era il 1993 quando Björk pubblicò il suo primo album "Debut", ormai entrato nella storia del pop-rock odierno.
Poco tempo prima però (nel periodo subito dopo l'abbandono dai Sugarcubes intorno al 1990), non tutti sanno che la "piccola" Björk registrò questo 'Gling-Glo', un album spiazzante di jazz standards di tradizione islandese e qualche brano originale composto per l'occasione. Le scarsissime note di copertina ci parlano di un disco inciso col padre e col suo gruppo bebop: The Trio Gudmundar Ingólfssonar ma poco o nulla di più ci è dato a sapere. L'impossibilità di una traduzione decente dei testi e l'assoluta mancanza di notizie aggiuntive di un qualche interesse ci restituiscono pertanto un lavoro "anomalo" e in parte monco della finalità del progetto e lo scopo per cui era nato.

I brani sono tutti interpretati dalla voce ancora acerba ma già estremamente duttile e vulcanica di questa appena 18enne, nata nel 1965 a Reykjavik in Islanda, che già dimostrava grinta, entusiasmo e potenza da vendere e che le cronache ci parleranno in seguito di un radioso futuro davanti a sé.
Un futuro prima di tutto musicale ("Debut" vincerà un sacco di premi, disco dell'anno dal New Musical Express e disco d'Oro negli USA e sarà incoronata "reginetta del pop sperimentale" in più occasioni e negli anni a venire) e un futuro cinametografico altrettanto importante (Premio come migliore protagonista in "Dancing in the dark" e nell'ultimo "Drawing Restraint 9" fatto col marito quasi due anni fa).
Di questo lavoro "minore" poco noto ai più, fatto in quel periodo "di mezzo" dove la Grande Popolarità era ancora un sogno (e non del tutto prioritario a quanto sembra dalle interviste fatte) ci restano queste 16 tracce intraducibili ( a perte le ultime due "Ruby baby" e "I can't help loving that man") che però, proprio grazie a questo, ci danno modo di valutare la duttilità, l'ampiezza vocale e l'originalità interpretativa di una cantante da un timbro di voce unico che già a 18 anni sapeva il fatto suo, e che grazie a costanza, applicazione, caparbietà e una grossa dose di fortuna (che ci vuole sempre... anzi, è necessaria!) è saputa arrivare in una 15ina di anni e una manciata di album nell'Olimpo dei Grandi della musica rock, e forse (azzardo) contemporanea del nostro secolo.

Un disco piacevolissimo nel suo essere swing, be-pop e jazz di taglio classico dove la voce della "piccola principessa" (non ancora reginetta), si inerpica in prodezze vorticose fatte di piroette vocali e guizzi di spregiudicati virtuosismi eccentrici che, difficilmente si ripeteranno ancora, nei dischi più sperimentali che seguiranno.
Un talento ancora in erba ma che dimostra tutta la sua potenzialità in essere.
Un disco godibilissimo dove il calore del jazz sposa la glacialità di una lingua per noi impossibile da capire ma di cui, tutto sommato e visto il risultato godibilissimo, ci importa davvero poco.
Bau Bye.

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