"Come il sangue, ma ancora più profondo ed oscuro".
Un essere umano, un corpo in movimento. Vene, capillari, tendini, muscoli e ossa. E voce. La stessa Björk aveva anticipato di voler creare qualcosa di estremamente umano, viscerale in modo quasi fastidioso.

Negli anni precedenti la pubblicazione di Medùlla, la piccola islandese ha setacciato Cina, America, Inghilterra ed Islanda con lo scopo di riunire tutte le voci più bizzarre e capaci dei versi più animaleschi e guidarle nel suo ambizioso progetto di umanizzazione estrema della musica. In questo album gli strumenti sono quasi completamente assenti. Le melodie si intessono fittamente dando origine ad uno spesso arazzo di voci, tanto che la presenza di strumenti risulterebbe superflua.

Già dalla prima canzone, Pleasure Is All Mine, si capisce che siamo stati introdotti a qualcosa di completamente nuovo, di mai sentito, eppure… di intensamente familiare. I sospiri ed i suoni gutturali di Tagaq si fondono con l’inconfondibile voce di Björk, e quando il coro si inserisce nella trama per colmare gli interstizi tra una nota e l’altra, inizia un vero e proprio percorso all’interno della semplice essenza umana.
Nella successiva Show Me Forgiveness la voce di Björk si avventura completamente priva di accompagnamento in un silenzio freddo ed ampio, plasmando una cantilena solitaria ed ipnotica.
Il tono del disco mantiene la stessa atmosfera fino all’entrata in scena della contorta Öll Birtan, dove le incredibili capacità vocali di Björk fanno capolino tra parole sussurrate ossessivamente e sovrapposizioni ipnotiche delle voci della stessa cantante in un episodio di pura follia compositiva.
La passione di Björk per i suoni elettronici ha però il sopravvento in tracce come Desired Constellation, canzone di rara luminosità e purezza, che però stona con il resto dell’album, e che si sarebbe amalgamata senza dubbio meglio in un disco come Vespertine.

Il culmine dell’album, la canzone riassuntiva di tutti i contenuti, è la spettrale Ancestors. Che, guarda caso, è l’unico pezzo in cui sia presente uno strumento musicale vero e proprio: delle note di pianoforte, spoglie e solitarie. Il sospiro affannoso di Tagaq che apre la canzone si trasforma mano a mano in un rantolo, mentre Björk ricama litanie dolci e remote in un falsetto straziante, fino a degenerare in un’esplosione di acuti strabilianti intervallati da veri e propri ringhi frenetici. Il tutto accompagnato da un malinconico pianoforte, che cessa improvvisamente per lasciare tutta la scena alle molteplici voci delle due cantanti che si intrecciano sempre più fittamente in un crescendo mozzafiato.
La comprensione di questo album comincia appunto dopo l’ascolto di questa traccia, che ci ricorda le nostre origini, il nostro lato "umano", inteso nello stretto significato del termine.

A mio parere anche questa volta Björk è riuscita a centrare in pieno il suo obbiettivo di comunicare all’animo umano sensazioni altrimenti inspiegabili, data l’assoluta inadeguatezza del linguaggio umano per esprimere quelle emozioni che provi a pelle, sotto la pelle, troppo vicine al nucleo che le ha generate per poter essere esternate in un modo diverso dalla musica.

Carico i commenti... con calma