Il garage rock è il mio lavoro, ne so parlare con competenza. Vabbé, al momento il mio vero lavoro è un altro, ma nel mio cuore, non sono nient'altro che una garagista pura.
Il mio genere fino a due anni fa diventò a poco a poco popolarissimo, ed anche il mainstream venne popolato da ragazzi con capello arruffato-maglie a strisce-cravattino. Si tratta del lato piu' deleterio della faccenda, ma il lato buono è che sono uscite tante ottime band, come i White Stripes, che, vi piaccia o no, sono geniali.
Se andiamo a scavare piu' nell'underground troviamo, nonostante di underground si parli, di scena, quindi, anche tanta fuffa: è tendenza comune ad esempio se ci si chiama "the bananas" vestirsi da banana, scrivere almeno un pezzo che si intitoli chesso', "banana stomp", etc etc.
Vi parrà impossibile, ma certi gruppi come i fantomatici Bananas inventati ora da me, hanno pure seguito. Per fortuna c'è chi riesce ad andare un pò piu' in là del travestimento simpatico e fa pure bella musica. Questo è il garage alla sua apoteosi, è il garage quando prende a calci culo tutti, è il garage quando diventa sexy, violento, divertente, è il garage quando diventa il rock n'roll sotto anfetammina. Quindi, diventa un enorme piacere per me vedere due gruppi grandiosi come i Black Lips e i nostri Preachers.
I Black Lips sono una leggenda del garage punk, partiti da gruppetto di scuola ad Atalanta, incidono il primo disco per la mitica Bomp! di Los Angeles, quella che al suo tempo aveva fatto uscire i dischi dei Germs e Iggy and the Stooges. Da subito la band si è fatta quella che nel garage è una cosa sacrosanta: una pessima reputazione.
Si dice che i loro concerti finiscano in rissa, che il loro impatto live sia devastante, che siano dei teppisti che spacchino tutto. Manna dal cielo, cioè. L'ultima fatica dei Black Lips è "Let it bloom" inciso per la 'In The Red', un album ruvido, ma decisamente psichedelico, per quanto sia dissonante, che per lacuni versi ricorda i primissimi lavori dei My Bloody Valentine, anche se piu' veloce ed adrenalinico. Per prima cosa bisogna dire che la fama dei cattivi ragazzi non è vera. Sono quattro ragazzotti americani esagitati, questo sì, che proprio quella sera si lamentavano del fatto che le ragazze italiane sono troppo difficili (!), ma al di là di questo, sono gentili e carini, non sono certo gli Hell's Angels. Per quanto dal vivo prevalga l'immagine sghema e il suono piu' lo-fi (chitarre in perenne saturazione, batteria che sembra uno scatolone) la musica dei Black Lips è soprendentemente pop, melodica, senza perdere nulla in energia.
Il concerto dei Black Lips è stato davvero una cannonata, piu' di un'ora di garage incandescente, gioioso, ballereccio, suonato con un'energia e un ritmo invidiabile. Risultato, mentre i quattro ragazzi della Georgia sudavano sul palco e smembravno una batteria (menzione particolare al batterista perchè suona splendidamente ed è il suono che IO vorrei) il pubblico sotto ballava e pogava a piu' non posso. Canzoni belle e ottima attitude sul palco, garage punk al suo meglio; momento migliore, una versione scassona e irresistibile di "Dirty Hands", e "Rumble" di Link Wray tutta improvvisata mentre uno dei chitarristi sostituiva l'amplificatore.
Prima dei Black Lips, hanno aperto le danze gli ossolani Preachers, quintetto che incide per la Misty Lane, a mio parere, uno dei migliori gruppi garage in Italia. Sono in cinque (basso-chitarra-batteria-organo-voce) e suonano un garage '60 (aprono i concerti con una cover bellissima, "Night of the sadist") un pò psichedelico, ma quello che a loro riesce meglio sono i momenti piu' creepy alla Fuzztones, lì davvero non li batte nessuno, un pò per la qualità delle canzoni, davvero alta (e nel garage italiano, ce ne fossero di pezzi così) un pò per la bravura del cantante, molto teatrale, tanto che a tratti ricorda Jim Morrison. L'immagine del gruppo è quella giusta (sembrano davvero usciti da un'altra epoca) e poi sono davvero divertenti.
Con la gente giusta, il garage ha qualcosa da dire.
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