La Rawkus, etichetta di culto dell'underground rap di fine millennio, ha avuto il grande merito di pubblicare dischi controcorrente che, sfidando il music business, il mainstream e i soldi facili, hanno sempre soddisfatto chi ricercava nel genere quella genuinità originaria, che sembrava essere persa. Il progetto Black Star si colloca sicuramente in quest'ottica.

Mos Def e Talib Kweli, re incontrastati del sottosuolo newyorkese, nel 1998 decidono di unire infatti le loro forze, e regalano ai loro fan (e non solo) un album affascinante e ricco di sfumature, che accresce visibilmente la loro fama e finisce per affermarli come due delle più grandi realtà rap degli ultimi anni.

Tredici tracce, pochi featuring, sonorità raffinate e robuste che non si distaccano eccessivamente dai classici standard del genere (grandissimo, infatti, è il lavoro di pesi massimi del campionatore come DJ Hi-Tek, Beatminerz, J. Rawls e Shawn J. Period): questa è la ricetta dei nostri compagni di viaggio che, lontani da sperimentalismi fini a sé stessi, realizzano un album solido e di grande impatto, che occuperà il vostro lettore cd per un bel pò.
Difficile, infatti, non muovere la testa al ritmo di brani coinvolgenti ed immediati come Astronomy, dove, accompagnati da ritmi sostenuti e potenti groove di basso, i nostri recitano frasi come: "Now black people unite, and let's ALL GET DOWN, now everybody hop on the one, the sounds of the two, it's the third eye vision, five side dimension, the 8th Light, is gonna shine bright tonight...", invitando la gioventù nera alla consapevolezza delle loro radici e alla fratellanza con i propri simili, tema ripreso in molti momenti del disco.
Degni di nota sono anche l'hip hop-ragga di Definition, lo storytelling di Children Story, vivace critica della deriva commerciale del moderno rap tutto pantaloni e catenone di platino, K.O.S. (Determination), dall'atmosfera pacata, in cui risplendono le profonde rime di Talib Kweli ("The most important time in history is, NOW, the present, so count your blessings cause time can't define the essence...") e la magnifica voce della vocalist Vinia Mojica, per poi proseguire con il sentito ritratto della Grande Mela del capolavoro Respiration, dove trova spazio anche la calda voce del veterano Common, e il cupo affresco metropolitano di Thieves In The Night, giungendo alla fine del disco con la superba posse-cut Twice Inna Lifetime.

Certo, il progetto Black Star non piacerà al pantalonaro di turno che cerca donnine sculettanti e hi-POP usa e getta, ma chi ama la musica e le vere vibrazioni (che di sicuro non provengono dal subwoofer del trendy-DJ di turno...) non può farselo sfuggire. E forse anche questa volta l'Ottava Luce ritornerà a brillare...

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