Il massimo della sincerità musicale (e quindi sinonimo di ottimi lavori), si può trovare quando tre schizofrenici decidono di ribellarsi alle leggi della "normalità" e decidono di farci visitare il loro "manicomio". I protagonisti di questa visita sono niente meno che: Ron Jarzombek (a mio parere uno dei migliori chitarristi in circolazione e uno dei più completi) fuggito dall'altro manicomio dal nome "Watchtower", Alex Webster fuggito dal manicomio "Cannibal Corpse, Charlie Zeleny in cura da Jordan Rudess.

L'opera che i tre ci propongono è uno degli album più avanguardistici, rompicapo, complicati, schizoidi, elaborati, pensati della scena math-metal (e non solo) degli ultimi anni. Il gruppo in "Machinations of Dementia" decide di far rimbambire chi lo ascolta, grazie a quattro elementi: il sound compatto e molto vario, l'utilizzo intelligente di figurazioni ritmiche dispari o almeno miste, i riff all'unisono arricchiti da inquietanti stacchi, e la struttura dei brani per niente improvvisata e casuale. I riff sembrano "navigare" in un tappeto di tempi dispari, creando spostamenti di accenti su ulteriori sincopi, che danno ai brani un senso di grande movimento e li rendono quasi ballabili.

Il gruppo  per effettuare in miglior maniera "la distruzione della ragione" da ai brani nomi ricavati dai manuali di chirurgia più espliciti e dal raro utilizzo. L'apparente anarchia tonale e ritmica, potrebbe essere legata in un certo modo alla "densità statica" di Zappa; appunto anche semplicissimi tempi come i 4/4 vengono sviscerati, divisi, e resi  addirittura impossibili da interpretare grazie all'utilizzo di gruppi irregolari e altre figurazioni asimmetriche.

Ma parliamo delle tracce. "Synaptic Plasticity" è basata sui continui giri di "botta e risposta" tra la band, la chitarra prima e la seconda chitarra. La parte ritmica fa tutt'altro fuorchè dare staticità al brano, creando ulteriori tappeti e accavallamenti ritmici. Il suono scarno e incalzante del basso di Webster esce fuori dall'insieme con delle velocissime frasi.

"Laser Lobotomy" è proprio un trapano che trafora il cervello. Forse la traccia che più rappresenta il sound e le pensate di questo gruppo. Jarzombek si getta in scale arabe scivolanti e interrotte bruscamente da veloci sweep; in questo momento si instaura una sorta di duello fra il nostro orecchio e la chitarra di Jarzombek.

Il quinto brano "Activation Synthesis Theory" ci conduce in un tunnel oscuro con l'arpeggiato dall'incedere sinistro, che regge il solo di Jarzombek che nel suono ricorda  molto quello di Holdsworth, sicuramente una delle figure che più influiscono sullo stile di Ron. La ritmica traballante e piena di tensione gioca un ruolo importante insieme alle velocissime scale di chitarra poiché  vengono utilizzate progressioni ascendenti che conferiscono elasticità e ansia al brano.

"Bleeding in the brain" viene introdotta con violentissimi stacchi e profondissime e lunghe pause. Qui il trio si spinge in territori dove nessuno era mai arrivato , riuscendo ad eseguire con maniacale precisione tempi mai uditi prima, tipo il 19/16  in cui Jarzombek "vola" con velocissimi legati, e la batteria e il basso sottolineano intelligentemente i vari accenti.

Ancora una volta rimaniamo impressionati dalla fantasia delle ritmiche, dalle geniali e schizoidi intuizioni,  ed dal lasciatemelo dire piacevolissimo groove. Tutti questi brani sono pensati non solo come composizioni ma anche come veri e propri calcoli matematici, o come delle costruzioni di edifici !!!!

Anche le tastiere nella breve "Narcolepsy". Un patetico e onirico organo detta l'atmosfera inquietante e per niente alleggerita nell'entrata delle pesanti distorsioni di Jarzombek. "The Insomniac" dichiaratamente modale, dall'andamento molto fluido viene arricchita da scorrazzanti passaggi come il particolarissimo "delay" presente nella metà del brano e quasi contrappuntistico. Anche in questo brano si nota come il gruppi curi tantissimo le dinamiche poiché non solo vengono utilizzate le potenti sfuriate tipiche del techno-death, ma anche parti acustiche e assopite, prevalentemente tastieristiche e mixate alla perfezione, che ci regalano momenti di delirio profondissimo.

Ed è con il sudore alla fronte e con la mente distorta, che si arriva all'ultima traccia "Adenosine Buildup" immersa in potentissimi fraseggi chitarristici. Il disco stranamente si chiude con un etereo arpeggiato di chitarre che per niente ci da serenità pur essendo molto tranquillo, poiché non risolve su nessuna tonalità rimanendo sospeso (la celeberrima "cadenza d'inganno").

Bisogna lodare tantissimo la produzione, eseguita a distanza, che contribuisce perfettamente alle ambientazioni del disco. I suoni cristallini curati fino all'ultima risonanza, si sposano benissimo con le tempeste ritmiche che tanto tartassano la nostra testa per circa un'ora. L'unica pecca da rimproverare al gruppo è quasi l'incapacità nel riproporre live tutta questa "cattedrale sonora" poiché, essendo il progetto costruito da soli tre elementi, si  sono serviti di ulteriori registrazioni di sdoppiamenti chitarristici e altri effetti. Nonostante ciò il lavoro è un disco piacevolissimo e dalla grande carica,pur esigendo più di un ascolto. Buona fortuna a tutti coloro che l'ascolteranno.

P.S.: ho avuto difficoltà a dormire la notte.

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