Un paio di sere fa andavo a prendere in macchina un mio amico, da anni perso nel Black Metal, che mi ha chiesto di aspettare un attimo perché voleva prendere un disco da farmi sentire: per convincermi si sperticava in lodi di questo Blut Aus Nord, un solo project che non mi era mai interessato più di tanto data l'etichetta di "Industrial Black Metal". Tuttavia l'ho lasciato fare; credo che se avessi insistito per partire subito, avrei perso l'occasione di aggiungere un disco ai miei preferiti in ambito Black.
Blut Aus Nord (nonostante il nome sia in tedesco) è una one man band francese, esordiente nel 1995 proprio con questo cd; sembra strano che questo lavoro sia di così tanti anni fa. Data la grande dose di innovazione ancora valida nel 2007. Il mio amico continuava a definirmelo un disco "gelido" e se all'inizio mi domandavo segretamente come potesse un artista francese essere tanto "gelido" (lo so, ho una mente ottusa), sono bastate poi pochi minuti di musica per convincermi che era "gelido" per davvero. Non solo, era anche fottutamente angosciante e melanconico.
Se dovessi citare delle influenze citerei sicuramente il Burzum di "Det Som Engang Var" e "Hvis Liset Tar Oss" (specialmente il secondo), ma credo che non renda ancora bene l'idea. L'uso delle tastiere è migliore, spesso più accentuato (vedi "Rhstula", traccia interamente eseguita col Synth) e di sicuro di maggiore valore artistico. Le influenze del "buon" Varg si sentono anche sotto il profilo tematico, riguardante esclusivamente mitologia nordica, che però viene solo accennato nei titoli (i testi non ci sono) e nell'artwork (bellissime foto di cime innevate).
Come dicevo il lavoro di Blut Aus Nord ha solo delle venature Burzumiane ma per il resto è forgiato in maniera completamente autonoma e personale. La produzione è molto strana; a tratti sporca come vuole la tradizione Black, in altri momenti pulita e glaciale (specialmente negli arpeggi di chitarra, nei cori, negli intermezzi di tastiera). E d'altra parte non c'è da stupirsi, la produzione non fa altro che andare incontro alle esigenze del riffing che cambia pelle in continuazione e da epico diventa disperato per poi scatenarsi con una furia tipicamente Black. Da notare che il mixaggio non penalizza affatto i toni bassi, che aggiungono spessore e peso al suono del disco. Ma è talmente un'offesa fornire dettagli tecnici su questo cd.
Decadente, fiero, onirico; una corsa in un prato innevato, cadendo, respirando a fatica. Poi fermarsi sdraiati a pancia in su a fissare il pallido cielo invernale. Sentire il freddo sulla schiena e il sudore nei capelli. Fermarsi a guardarsi intorno e farsi guardare da ciò che sta intorno. Paura, speranze che si spengono, lacrime di rabbia.
La strada che percorrevo in macchina era diventata allucinante; tutte le strade che percorrevamo in macchina diventavano allucinanti e si riempivano di vecchi, brutti ricordi. Di tutti quei brutti ricordi attraverso cui sono passato e che ora mi sembrano cicatrici da mostrare con orgoglio. Questo è quello che pensavo sul sedile dell'auto. Rompo il silenzio per comunicarlo al mio amico e lui conferma. Gli arpeggi di chitarra, pieni di riverbero, si allontanavano dall'autoradio come i cerchi sull'acqua, quando si getta un sasso. E mi scuotevano così come quei cerchi increspano l'acqua. Tutti nella propria vita hanno passato qualcosa che Blut Aus Nord descrive così bene nel suo cd. Una sensazione di vuoto, una sensazione ritrovabile (più sinistra e malata) solo in alcuni lavori di Striborg; "Ultima Thulee" è ritrovarsi senza niente in mano se non ricordi. E' rivedere la propria vita negli scream filtratissimi del cantante. E' ricordarsi momenti belli e tragici in una rinnovata disperazione. I riff parlano di sconfitte e proprio per essere sincero, mi fanno venire un nodo alla gola; anche quando sono energici, rappresentano sempre l'ultimo attacco di una bestia morente, il più pericoloso, quello che, qualsiasi sia il suo esito, finirà sempre con la propria morte. "Ultima Thulee" è gelido, liscio come una lastra di ghiaccio, tagliente come il ghiaccio spezzato e come il ghiaccio può lasciare sulla pelle delle brutte ustioni. Manca quella ripetitività che in Burzum rendeva le cose più lineari, quasi matematiche. Manca quella autodistruttiva follia di Abyssic Hate o dei Nyktalgia, che si risolve in un'oretta di manie suicide; l'effetto eversivo di questo disco dura numerose ore.
Sinceramente di Industrial non ha proprio nulla se non il nome, non c'è nulla di meno "sintetico" di questo disco; in ogni caso resta un prodotto sconsigliabile a fan di Dark Funeral, Dimmu Borgir e Marduk. Sinceramente non trovo più molte parole da dire se non che questo lavoro mi ha turbato molto, ha messo un ordine sfavillante in tutti i miei insuccessi, ora facilmente consultabili e ben in vista. Un disco a cui avvicinarsi o se avete sempre avuto una bella vita, o se avete superato ogni problema; se dovete controbattere, fatelo dopo aver ascoltato "Rigsthula".
Elenco e tracce
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