La montagna ha dunque partorito un topolino? Qualunque "dottore" con un pò di praticantato musicale potrebbe diagnosticare che la cura Dylan fa male al morto riconoscente. E la bella copertina di Rick Griffin non salva un disco incolore. Chi ha sempre apprezzato la resa live esageratamente dilatata dei Grateful Dead si trova spiazzato di fronte alla didascalica sequenza di strofa- refrain- assolo- refrain e finale con applausi imposta dalla rigidità del menestrello di Duluth.
La stessa scelta delle canzoni da inserire quale testimonianza di queste registrazioni live del luglio 1987 lascia alquanto interdetti, "Slow train coming" e "Gotta serve somebody", provenienti dal periodo in cui Dylan aveva visto la luce divina, e "Joey" da "Desire" non fanno certo appassionare chi aspettava un risultato sinergico tra la voce gracchiante del nostro e il morbido supporto elettrico in punta delle dita da parte della band di mastro Garcia.
E del resto, degli anthem come "All along the watchtower " e "Knocking on heaven's door" hanno avuto trattamenti live migliori da parte di altri esecutori e capite bene a chi mi riferisco. Il problema è che qui non c'è la né la rabbia né il pathos necessari per riaffermarne la proprietà, ma solo un compitino ben costruito ed eseguito.
Troppo esigenti? Sì, perché se si ascolta la bella e ubriaca versione di "I want you" un lacrimone ci scende sul viso a ricordarci che Dylan e i Dead sono grandi icone del rock che amiamo e non è giusto che questo disco corra il rischio di giacere sullo scaffale ad accumulare la polvere.
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