L’ho pagato cinque monete da 1 euro. "Cinque pezzi facili", insomma. Era in mezzo a decine di blockbuster e film d’azione degli anni ‘80 in una bancarella: un diamante grezzo in mezzo ad una fontana di sterco fumante. Mi è bastato leggere il nome del mio attore preferito, Jack Nicholson, e l’anno di uscita della pellicola per prendere il DVD a scatola chiusa.

Bobby è una persona geniale ed inquieta, irascibile e perennemente insoddisfatta. Il suo vagabondare sbilenco negli States degli anni ‘60 non è finalizzato alla ricerca di qualcosa ma assume più i connotati di una fuga dall’ambiente borghese nel quale è cresciuto. Bobby incarna una generazione in conflitto che non vuole porsi limiti, che vuole avere indipendenza a tutti i costi. Il pianoforte che da bambino era costretto a suonare come un pappagallo ora lo disgusta perché gli ricorda il periodo in cui era costretto a sottostare al volere di un padre severo che non gli lasciava scelta.

Bobby ha scelto di dare un calcio a quella vita facile. Un calcio in culo al padre per salire al contrario la scala sociale e diventare un operaio che scava pozzi petroliferi. Un uomo scorbutico e difficile che fa a botte con tutti e che gira per gli U.S.A. senza radici e legami di alcun tipo. Inizia il film e vive con una bella ochetta con un gran paio di tette e gli occhi da cerbiatta che gli perdona qualunque cosa lui faccia. Una splendida ragazza che, testuali parole, “sarebbe perfetta se non parlasse”. Insomma senza masturbare oltre la tastiera si trova esattamente dalla parte opposta rispetto a dove sarebbe finito se fosse rimasto a casa. Ma la sceneggiatura fa tornare a casa il nostro Bobby perché il padre è gravemente malato (demenza senile) e….

Finale splendido e secco per un film di valore e ben diretto da Bob Rafelson, arrichito da un’ottima fotografia e da una trama lineare molto ben sviluppata senza retorica e orpelli del cazzo. Un’opera che colpevolmente non avevo mai visto e che Jack Nicholson e Karin Black impreziosiscono due interpretazioni di livello altissimo e un paio di monologhi da pelle d'oca.

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