Chi va piano va sano e va lontano, ribadivo.

Chi va piano va malsano e va lontano, dico ora.

Il titolo mi suggerisce che l’attuale pigiama striato simil etnico-harem che indosso non risulta per nulla adatto ad attraversare le putride fiamme di questo inferno musicale, finirebbe piuttosto per alimentare il bong di cthulhu o qualcosa di simile; ora, non credo che gli habitué di certe traversate su bollenti sabbie mobili si siano fatti sfuggire il discobolo in questione, e sono certo che nell’eventualità converranno a definirlo uno degli strati di doom-basalto più tosti degli ultimi dieci anni ed oltre.

uh

I Bongripper sono musicanti dell’Illinois, e si parla di gente esordita circa dieci anni fa concedendo egregie reminescenze di certi dopati pellegrinaggi. Per rendere meglio l’idea, lui, il primo disco, è un brano di ottanta minuti; un anno dopo, esce lo sfascia hippie in questione, sorta di naturale hangover discografico: una massiva e lunghissima composizione frammentata tra pesanti e pantagruelici strumentali ed interludi di ambient desolato, e talvolta, anche quando ci si ritrova con il fango fino al collo, qualche scorcio di melodia è concesso.

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Decisamente di impatto nella sua bipolarità di composizioni ora dense come buchi neri, ora evanescenti come olezzo di palude, l’ascolto segue la traccia ed il cammino di composizioni senza meta e senza trama, il tutto a formare un enorme disco atmosferico per nulla triviale, pur avendo alle spalle il peso del doom che lo precede negli anni. Ed il doom pesa, si sa.

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