Quest'insolito e piccante scatto di copertina procurò a suo tempo (1975) non poca pubblicità al disco. La primissima stampa (non disponibile su Internet, purtroppo) mostrava la bella figliola, certa Stephanie Mariann, completamente nuda, nella strana posa qui accanto e punto. Immediata scattò la denuncia, con conseguente invenzione del ridicolo collage/accrocchio gamba+guantone per nasconderle il pube; soluzione comunque non sufficiente per il pudibondo mercato americano, dove si provvide a sostituire completamente la copertina incriminata con un'altra, recante una normalissima foto del gruppo.
I Boxer erano l'evoluzione dei Patto, band jazz-rock-progressiva stimatissima dagli addetti ai lavori ma dal circoscritto seguito popolare, che tra il 1971 ed il '73 aveva pubblicato tre album uno più bello dell'altro, prima di sciogliersi per mancanza di adeguato successo. I due personaggi più in vista della formazione, il cantante Mike Patto ed il chitarrista, pianista e vibrafonista Ollie Halsall, si erano allora separati per un paio d'anni entrando in altre formazioni, per poi qui riunirsi con una sezione ritmica nuova di zecca e riprovare l'obiettivo di una solida affermazione, accettando stavolta diversi compromessi commerciali come suggerito dai loro nuovi managers.
I Patto erano stati un gruppo ricolmo di estro, di ironia, di improvvisazione anarcoide e progressiva, di fughe strumentali e di testi molto efficaci, talora demenziali ma in altri casi politicizzati e toccanti. I Boxer si proponevano invece di rimanere alla forma canzone, lineare ed accessibile anche se non esattamente pop, senza stranezze e virtuosismi, massimo cinque minuti di durata e testi standard. Il risultato è un pub rock molto ben fatto, nel quale jazz, blues e soul restano quasi sempre stemperati e mischiati insieme, con gusto e classe ma senza vere sorprese. Due musicisti così brillanti e personali risultano però sprecati alle prese con queste canzoncine assai squisite ma innocue... per dire, l'appassionato di musica al quale capitasse di ascoltare per la prima volta in vita sua la chitarra di Ollie Halsall proprio su questo album, non potrebbe assolutamente immaginarsi di cosa fosse capace questo musicista, un vero fuoriclasse con un fraseggio solista in "legato" di contenuto tecnico ed inventiva terrificanti. Per non parlare delle sue escursioni alle tastiere, con una brillantezza pianistica ed un'originalità al sintetizzatore ed al vibrafono (strumenti questi ultimi due completamente accantonati in quest'opera) esemplari.
Anche la voce di Patto era di assoluto livello, fra le migliori nell'ambito del british rock blues: potente, ironica, con una certa parte di raucedine fangosa e biascicante che la accosta in qualche modo e curiosamente a quella del povero Bon Scott degli Ac-Dc, naturalmente in un contesto meno spinto al limite, quindi meno urlata e più varia e ricca di sfumature.
Bassista e batterista (Tony Newman e Keith Ellis rispettivamente) non fanno molto per la causa, rimanendo sulle loro e dando un apporto competente ma senza personalismi. C'è rimpianto per i due vecchi compagni dei Patto, in particolare per John Halsey che percuoteva tamburi e piatti con un suo ben distinguibile stile roccioso e intenso, ma anche contribuiva con la sua strampalata vena di buontempone ad irresistibili siparietti demenziali.
Gli episodi migliori dell'album si intitolano "More Than Meets The Eye", uno slow blues cadenzato che presenta l'unico assolo di Halsall di durata decente e ovviamente bellissimo, poi "Save Me" dalla melodia a marcetta molto lirica e vagamente beatlesiana, poi ancora "Hip Kiss", insieme funky, rabbiosa e distorta. "Waiting For A Miracle" non è male, ma non regge il confronto con la fantasmagorica versione originale (12 corde pizzicata da paura, fanfare di sintetizzatori, grandi e potenti suoni da vero rock) uscita due anni prima sull'album "Living In Fear" dei Tempest, il precedente gruppo di Halsall insieme all'oramai dimenticato ma eccellente batterista (ex-Colosseum) John Hiseman.
L'avventura dei Boxer, qui all'inizio, durò tre anni e tre album, il terzo dei quali senza più Halsall emigrato nel gruppo di Kevin Ayers, ma con Chris Stainton (attuale pianista di Eric Clapton) e Tim Bogert (fenomenale bassista americano, dalla carriera infinita e variegata). Patto se n'è andato presto da questo mondo, arrendendosi ad un brutto male alla gola nel 1979. Halsall lo ha raggiunto nel 1992, soccombendo ad una maledetta overdose, in Spagna: due grandi perdenti del rock, dei quali consiglio vivamente di collezionare od almeno conoscere la rispettiva nonché la comune produzione musicale, compresa quest'opera non trascendentale ma gustosa.
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