Vi sono pellicole che hanno il loro personaggio più importante nell'ambientazione, nella location. E' il caso di questo "Session 9" un ottimo thriller del 2001 diretto da Brad Anderson, successivamente autore di quello che a mio parere è un piccolo gioiello: "L'uomo senza sonno".

La trama è abbastanza lineare:una ditta di smantellamento viene chiamata a ripulire dall'amianto un ospedale psichiatrico chiuso nel 1985. Sarà l'ospedale il punto di riferimento del film, teatro vivente delle varie inclinazioni mentali dei protagonisti. Protagonisti come Gordon Fleming (Peter Mullan) il "capo" della spedizione che vedrà manifestarsi all'interno della struttura tutti i suoi incubi e i suoi problemi familiari. In aiuto e "opposizione" alla figura di Gordon troviamo Phil, gia interprete delle serie televisiva CSI Miami nei panni del mitico Horatio.

I primi minuti di "Session 9" potrebbero far pensare alla tipica ghost story ma non troveremo nulla di spiriti e fantasmi. I rimandi ai grandi cinema del genere  ci sono eccome: dal taglio documentaristico simil "The blair witch project", alla follia di "Shining" per finire con una virata psicologica da far invidia a "Il sesto senso". Tutto però girato in modo da risultare il più semplice possibile per mettere a nudo la difficoltà e i problemi dei vari personaggi.

Durante le  riprese in spazi angusti e oscuri, il regista Brad Anderson ha la brillante idea di seguire con la telecamera tutti i movimenti dei protagonisti portandoci a esplorare i minimi particolari del Danvers Hospital. Minor risalto ai dialoghi per una maggiore importanza alla tensione. Questo seguitare a farci scoprire i corridoi, le stanze, i luoghi dell'immensa struttura psichiatrica, sembra volerci far calare nell' atmosfera di follia e confusione che si verrà a creare. Infatti il buon Anderson (a mio parere un grande regista) ha il merito di spiazzarci con trovate intelligenti e mai banali proprio in quei momenti di apparente "calma". Indimenticabile e claustrofobica la sequenza in cui uno dei lavoratori verrà braccato da qualcosa di sconosciuto...

La seconda metà della pellicola è un continuo susseguirsi di rivelazioni e colpi di scena inaspettati. Inoltre, a impreziosire ulteriormente il film, vi è la fotografia di Uta Briesewitz che ha il pregio di creare una contrapposizione forte tra gli ambienti esterni luminosi e la "claustrofobia pressante" degli interni.

Un thriller molto buono, con varie sfumature e una marcata impronta psicologica che si evolverà nel complesso secondo lavoro di Anderson, il già citato "L'uomo senza sonno". Il regista è riuscito a creare un gran bel film nonostante un badget minimo e la poca pubblicità fatta alla pellicola e ha il merito di aver creato una storia originale e "personale" discostandosi dalle varie produzioni hollywoodiane. Certo non sarà un capolavoro ma è comunque un'opera cinematografica degna di essere presa in considerazione...

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