Ricordare è costruire.

Le riflessioni di Eno relative alla musica e alla sua relazione con il concetto di spazio proseguono con "On Land", uscito nel 1982. L'ambient, nato come musica da riprodurre in ambienti ben determinati ("Music for Airport", concepito per inebriare, fra distrazioni e disattenzioni, le infinite hall degli aeroporti, ne è il manifesto), acquisisce con questa nuova opera connotazioni psicoanalitiche. In "On Land", che si riferisce all'ambiente "Natura", lo spazio fisico diventa mentale, diviene paesaggio interiore, luogo non necessariamente esistente. La rappresentazione di un umore, di un ricordo dell'infanzia, per esempio. Oppure un futuro possibile, che non si materializzerà mai, o uno dei tanti presenti paralleli che quotidianamente non scegliamo di vivere.

"Amarcord" di Federico Fellini, non a caso, è il "clic" che nella mente di Eno aziona il meccanismo e genera le riflessioni che conducono al passaggio di paradigma: come i ricordi, che non rispecchiano fedelmente i vissuti, la musica diviene creazione di ambienti e non mera riproduzione degli stessi. Del resto, Eno, fin dai tempi di "Another Green World", non è che fosse la quintessenza del realismo.

Lo studio di registrazione come luogo di creazione e non di riproduzione.

Il placido canto dei grilli, il gracidare lontano delle rane, il fragore remoto di una tempesta. Un microfono orientato verso la vastità del Mondo, chiamato a carpire suoni lontani, l'imponenza della Natura, la voce silenziosa dell'Universo. Poi in studio, a mettere insieme le suggestioni saccheggiate. A dilatarle. A deformarle. Echi. Delay. Riverberi. E con esse i rintocchi e i fruscii di non-strumenti: rocce, bacchette, catene. Perché è niente quel che si suona e niente è chi lo suona, ma sono i suoni ad esser tutto. E con essi le note trasfigurate dei sintetizzatori di Eno, del basso tetro di Bill Laswell. E poi la tromba lontana di Jon Hassell, la chitarra deforme di Michael Brook. Mescolate, relegate alle rifiniture, ai ricami, insulse quanto i grilli, necessarie almeno quanto le rane nello stagno. Perché l'uomo è pulviscolo nell'Universo. E la mente è più grande dell'Universo intero. Perché il paesaggio non è un inerte scenografia, ma è protagonista quanto gli attori, è parte degli stessi, come essi stessi sono parte di quello. Altro che il senso di Ascensione di "Music for Airport". Non c'è fuga in "On Land", non c'è un Totalmente Altro verso cui lanciarsi: in "On Land" è lo statico-dinamico balletto dei processi di implosione, fisica e psichica, a dettare i non-tempi delle evoluzioni-involuzioni. Come in un elegante gioco di specchi fra mente ed Universo.

Ascoltare "On Land" è come trovarsi sdraiati nel bel mezzo di una vasta pianura, sovrastati da immense montagne, sotto nubi colossali che transitano titaniche nel cielo infinito della notte. O soli con i propri pensieri.

La de-oggetivizzazione della Musica.

Ascoltare "On Land" non significa ascoltare musica, ma ascoltare il mondo in un modo musicale. Povero quel musicista che guarda alla sua arte come qualcosa che esiste in sé, come se quella avesse una sua ontologia, come se fosse indipendente e si imponesse a chi ascolta. Uno stereo scadente, il rumore di un'auto che passa là fuori, lo stato d'animo dell'ascoltatore: molteplici sono i fattori da cui dipende la ricezione del Reale, il mondo, ma anche il soggetto, le sue modalità di percezione. Perché la Realtà non si svela, la Realtà si costruisce. Ascoltatelo in treno, "On Land", mentre ai vostri lati fuggono via come ricordi i paesaggi insensibili ed indifferenti alla vostra misera esistenza; ascoltatelo in auto in una desolante giornata di sole, osservate come il mondo si deforma, si sgretola, si liquefa lentamente. Come l'Irrazionale vi tiene d'occhio con un ghigno beffardo. (Che Eno abbia incidentalmente inventato anche il dark-ambient?)

Eno è "genio e regolatezza". Un acuto osservatore della realtà circostante. Un laboratorio vivente in cui fermentano gli input recepiti dall'esterno. In cui si sviluppano riflessioni, strategie, soluzioni innovative. Uno scienziato, più che un artista.

Se Eno non fosse tutto questo, e se noi non fossimo sicuri che dietro a queste ambientazioni minacciose, a questi paesaggi intrisi di sinistri presagi, a questi luoghi percorsi da forze selvagge e terrorizzanti vi sia semplicemente il miracolo dell'intelligenza di un uomo (e non i poteri sovrannaturali di uno stregone intento ad evocare le forze del Male), s'avrebbe davvero paura ad ascoltare "On Land". O forse è proprio per questo che si ha davvero paura ad ascoltarlo?

(Liberamente ispirato alle osservazioni dello stesso Eno relative all'opera ed alla sua realizzazione.)

Carico i commenti...  con calma