Ci sono cose nella vita che sembrano nate naturalmente, in maniera spontanea, apparentemente senza alcuno sforzo creativo e "studio" da parte dell' uomo, tanta è la loro grazia. Cose che nascondono la complessità dietro un equilibrio e un' armonia che le fa apparire semplicissime. "Another Green World" appartiene a questa categoria. Si colloca nella fase di mezzo della carriera di Eno, tra le sperimentazioni sulla forma canzone e i futuri lavori pionieri dell'ambient-music. E' insomma quella che viene comunemente chiamata un' opera di transizione.
Ci si aspetterebbe quindi un lavoro poco unitario, abbastanza frammentato, disomogeneo. Ma non è così. Com' è possibile?

Immaginate un prato fiorito. Possiamo ammirare il suo tappeto policromatico da lontano e rimanerne incantati, così come possiamo avvicinarci e cogliere una rosa o una viola, sentirne il suo profumo e rimanerne altrettanto incantati. "Another Green World" è così. Le sue tracce sono appunti di colore, piccoli tasselli cristallini che brillano di luce propria e che uniti formano un meraviglioso quadro. Tecnicamente questo è possibile perchè Eno usa lo studio di registrazione in maniera rivoluzionaria. E cioè come strumento. Col suo genio creativo " manipola ", tratta i suoni come la tela di un quadro, a lui interessano soprattutto i tape. E qui anche un incompetente potrebbe lavorarci su, assemblando a suo piacimento parti suonate da musicisti " competenti ". E' la sua teoria di "musica per non musicisti".

Quando il suono della traccia d'apertura " Sky Saw " riempie l'aria cominciamo e renderci conto di tutto questo. Batteria zoppicante avvolta da fasci lucenti di synth, nel mezzo un coro accennato, anch' esso " strumento " ( la voce non è più "avanti" in fase di registrazione ma è trattata come un "suono" e basta )
Risultato? Una sensazione di limpidezza e di trasparenza che non ha eguali, un'integrazione meravigliosa tra strumenti classici ed elettronici, con questi ultimi che non avevano mai suonato così naturali sino ad allora.
Stesso incanto ripetuto da "St. Elmo's fire", melodia orecchiabile impreziosita da un caldissimo e scintillante assolo della chitarra di Robert Fripp che squarcia in due le trame di organo e piano oltre che il cuore.
"In The Dark Trees" ci introduce nel mondo delle suggestioni ambient di Eno, oscura, minacciosa e inquietante come una passeggiata di notte in un bosco.
Il sereno torna nella solare "I'll Come Running" dov'è ancora protagonista Fripp. La breve title-track è tersa come uno specchio d'acqua increspato dai cerchi concentrici di un sassolino scagliato che muore dolcemente sul fondo.
Altra splendida miniatura è "Little Fishies" tanto deliziosa da scorrere via ogni volta senza averne apprezzato appieno il gusto.
Tenerissima e malinconica è invece "Golden Hours", con la voce di Eno che si perde tra i suoni e tra le sue speranze.
La successiva "Becalmed" ci trasporta alla deriva di un mare calmo e notturno, alla ricerca della quiete più assoluta, così tenue e sommessa da essere quasi meno intrusiva del silenzio.
Il disco si chiude invece all'insegna dell' inquietudine con "Spirit Drifting", ultimo disegno ambient dal sapore indefinibile, fluttuante tra i pensieri più oscuri e remoti, temibili e per questo respinti.


Non c' è che dire. Un disco straordinario, di splendido gusto, foriero di concetti che avrebbero fatto scuola in futuro (siamo nel 1975), esaltazione del genio naif, unica cosa però, che non si insegna a scuola.

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