Brian dei Beach Boys è stato una specie di Syd Barrett, che però ce l’aveva fatta. Un mezzo genio, che si è cotto per bene il cervello da giovane ma grosso modo l’ha scampata, soccombendo solo qualche mese fa, ormai ottantatreenne. Nei lisergici anni settanta se l’è spassata per lustri con drogatoni patentati come Keith Moon, Danny Hutton dei Three Dog Night, Iggy Pop, Harry Nilsson, lo stesso John Lennon… Sembrava perso per la musica, invece in età matura ha ricominciato a produrre, di buona lena: questo qui del 2004 è il suo quarto album solista, su di un totale di una dozzina circa.
Wilson è un autore poppettaro di limpidissima personalità e di notevole influenza nelle vicende della musica popolare. Non esattamente la mia tazza di tè, devo dire: il surf pop inventato da lui non lo si può non ammirare, ma personalmente non sono un collezionista accanito di dischi dei Beach Boys. Pur tuttavia considero la loro, la sua “God Only Knows” la più bella canzone degli anni sessanta, Beatles compresi.
Alla luce di ciò, come va in questo disco? Benino! E’ sempre lui, così caratteristico nelle sue atmosfere gioiose, nel suo canto leggero, nel suo muovere i bassi degli accordi in maniera prodigiosa, nel suo organizzare cori e contro canti così peculiari e riconoscibili, nella sua ricerca di una strumentazione variopinta e allargata.
La voce… ehm, non è mai stata il suo forte, i fratelli suoi e quell’altro cantante estraneo alla famiglia erano assai migliori, infatti si alternavano sempre loro, al proscenio. Però mi sa che gli è peggiorata, con gli anni… non lo affermo per certo perché non gli sono stato molto addosso durante la sua carriera.
Quando Wilson chiama, i vip accorrono! Qui abbiamo Eric Clapton che fa uno dei suoi assoletti pentatonici su “City Blues”. Ad Elton John è affidato addirittura l’incipit dell’album: sua è infatti la prima voce che si sente una volta avviato il disco, dopo l’intro di “How Could We Still Be Dancin’”. Vi è poi il rivale di un tempo, sir Paul McCartney, che fa un cameo su “A Friend Like You” ed infine il fratello Carl (giù di voce anche lui…) a cui viene fatta interpretare “Soul Searchin’”.
La sensazione è che il buon Wilson avesse, al tempo, un robusto arsenale di canzoni mai pubblicate, risalenti a decenni prima e antecedenti il periodo “buio”, e nell’occasione si sia organizzato per metterne giù alcune nero su bianco, per il piacere suo e nostro. Niente di trascendentale quindi, ma buon pop di proverbiale personalità.
Elenco e tracce
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