Ciumbia! Ma è quello che cantava "The Way It Is"!!!...

Non avrei voluto, lo giuro, parlare malino, purtroppo, dell'ultimo album di Bruce Hornsby, proprio per l'affetto notevole che mi lega - assieme a forse altri 10 si e no, fan italiani - a questo straordinario pianista e cantante innamorato del jazz, del folk roots, del rock e del pop, che vanta innumerevoli collaborazioni con i nomi più grandi (la lista è davvero infinita, da Ornette Coleman a Sting passando per i Grateful Dead ed Elton John), e che quindi ha fatto dell'eclettismo e la contaminazione dei generi la sua vita artistica.

Ma passiamo alla storia recente: dopo il buon pop contaminato di "Halcyon Days", un album bluegrass molto bello in compagnia di Ricky Skaggs, e un altrettanto notevole "Camp Meeting" album jazz con Christian McBride e Jack DeJohnette, Bruce stavolta torna con gli ottimi Noisemakers, suoi accompagnatori live di fine anni novanta, e confeziona però un'opera che puzza un po' troppo di routine... intendiamoci, il livello è comunque altino, ma le composizioni per metà non convincono, sanno un po' troppo di - già di lui - sentito, e delle dodici tracce proposte, quelle che spiccano veramente sono solo tre o quattro.

Probabilmente l'obiettivo era quello di snellire le canzoni e di rendere il tutto più diretto e leggero, fatto sta che a mancare sono proprio le ottime improvvisazioni e trovate pianistiche alle quali il nostro ci ha abituato negli anni, ed è un vero peccato. A risollevare il tutto non basta nemmeno il verbo di Hunter (su "Cyclone"), storico paroliere dei Grateful Dead, di cui Hornsby fa parte occasionalmente. Da sottolineare è invece la presenza di Eric Clapton sulla buona "Space Is The Place", ma soprattutto la bella "Continents Drift" con un ottimo assolo di chitarra ad opera del nipote (R.S. Hornsby, prematuramente scomparso, dopo pochi giorni), che rende omaggio al grandissimo Jerry Garcia - da brivido! Per un attimo sembra di tornare ai (bei) tempi di "A Night On The Town"...

Bellina "Levitate", "Here We Are Again" (un po' Radiohead, un po' Esbjorn Svensson), "Paperboy" (un po' Macca), molto carina, e il primo brano, "The Black Rats Of London" che profuma di folk scozzese, e alla fine dei conti è quella che convince di più.

Insomma, non "levita", nè tantomeno decolla, quest'opera che rimane riservata ai fan storici e completisti. La copertina tuttavia è splendida! Come spesso accade con lui.

Voto: due e mezzo... Amen, succede anche ai più grandi, no!?    

Elenco e tracce

01   Black Rats of London (04:18)

02   Prairie Dog Town (04:14)

03   Cyclone (04:45)

04   Continents Drift (07:24)

05   Paperboy (03:03)

06   Invisible (03:37)

07   Levitate (04:09)

08   Here We Are Again (03:52)

09   Space Is the Place (04:25)

10   Michael Raphael (02:55)

11   Simple Prayer (04:06)

12   In the Low Country (04:11)

Carico i commenti...  con calma