Con mia grande sorpresa noto l'assenza di recensioni su Bryan Adams. È un peccato. Rimediamo subito. E partiamo dal meglio. “18 'Til I Die” (1996) è sicuramente una delle sue migliori opere, un Bryan Adams in grande forma, a tre anni dall'esplosione da best di "So Far So Good" (1993). La successiva raccolta, "The Best Of Me" (1999) più un riassunto approssimativo che un secondo greatest, avrà meno peso. Ma veniamo all'album.

La prima track "The Only Thing That Looks Good On Me Is You", singolo, si presenta fresco e sferzante, mostra un Adams in gran forma, con un riff accattivante (di riff interessanti e limpidi sarà costellato tutto l'album). La numero due, "Do To You" costituisce a mio avviso il momento meno interessante dell'album, ma non per questo brutto. Rockettino pure ballabile. Alla tre abbiamo un'opera d'arte di rock melodico e d'atmosfera che è "Let's Make A Night To Remember", regalata da un Bryan Adams soffice di voce e di chitarra. Segue la title track e si torna al fresco rock, spensierato dal contenuto della voglia dell'eterna giovinezza. "Someday I'll Be 18 Comin'on 55"!! Profetizza qui Bryan! Lo speriamo per lui e qui lo dimostra pure!
Segue un'altra perla che risponde al nome di Star. Un lento romanticissimo (Bryan Adams non si pone limiti di apparire troppo mieloso, quindi per chi non ama questo non è molto adatto) e coinvolgente tra acustica e piano. Al numero 6 troviamo "(I Wanna Be)Your Underwear" canzone osé che vaga nei desideri lussuriosi maschili. Musicalmente si presenta orecchiabile e pulita, rock ma non potentissima. La numero sette è "We're Gonna Win". Breve, potente, vibrante, trascinante. Crescente nel ritornello potrebbe apparire banale, ma non ci arriva. Si ferma prima, quasi perfetta. Se non erro è stata colonna sonora musicale di footballclub inglesi (il Chelsea se non erro) e di eventi calcistici in Inghilterra. Il perché si evince dal titolo. E dall'ascolto. Le prossime due sono canzoni decisamente d'atmosfera e rispondono ai nomi di "I Think About You" e "I'll Always Be Right There"; sono entrambe delle canzoni d'amore nel senso più proprio del termine, ma la seconda è meglio riuscita, con pause, arpeggi e molta cura.
Si torna al rock di risveglio brusco con "It Ain't A Party... If You Can't Come 'Round" lirica da mancanza in versione happy rock. L'ultima botta di rock, stavolta accattivante di doppia chitarra che crea tessuto e ricamo sovrastante sul verso, è "Black Pearl", n°11. Forse per la prima volta,basso in vista, anzi in esposizione. "Black Pearl... is my kind of girl!" Rocheggia Bryan sui suoi gusti. È la fusione tra donna e rock. Al numero dodici risponde "You're Still Beautiful To Me". Ballata gradevole, non eccellente, forse altro punto basso dell'album. Questo per quanto riguarda le canzoni melodiche. Per quelle rock si cala forse solo in "Do To You", come sopra citato. Ultima, non certo di importanza è "Have You Ever Really Loved A Woman?" con un ospite come Paco de Lucia che lo affianca alla chitarra (uno da niente!!!) e Bryan che sfoggia una lirica stupenda sia per il canto che per il testo: when you can see your unborn children in her eyes. Una poesia. Così si conclude l'album.

Premetto che la carriera di Bryan Adams è intensa sia cronologicamente che discograficamente e non basta certo un album, ma se si vuole cominciare, si potrebbe anche partire da un album come questo.

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