Volevo dedicare la mia prima recensione su questo sito ad un artista che conosco molto bene e a quello che considero uno dei miei album musicali preferiti.

"Into The Fire" è il quinto album dell’artista canadese, uscito nel 1987, 4 anni dopo il grande successo dell’album "Reckless" ed ebbe decisamente minor affermazione commerciale. E' un disco meno immediato del predecessore, affronta temi di maggiore spessore e presenta arrangiamenti più elaborati e curati.

Bryan Adams, possiamo dirlo, come musicista non ha inventato nulla, e come scrittore non si è mai distinto con testi eccelsi od originali. In questo disco, che io considero il suo migliore, si vede il tentativo di realizzare un prodotto di maggior impegno, sia musicalmente che liricamente. Anche la voce qui è al suo meglio. I temi trattati sono ambiziosi è le liriche più studiate, nonostante cadano spesso in banalità e cliché evitabili.
Ad influenzare questa "svolta" fu sicuramente la partecipazione alle proliferanti iniziative musicali benefiche di quegli anni (Live Aid, Conspiracy of Hope…). Peccato che tutto questo sia stato incentrato per un fine commerciale.

Le musiche, per me, sono emozione pura. Si parte con "Heat of the night", il singolo più famoso dell’album, un brano che si accompagna molto bene al suo video che ne rende la sensazione un po' cupa che si schiude poi nel ritornello. Da segnalare che la chitarra solista qui è suonata dallo stesso Adams, che normalmente si dedica alle ritmiche.
La title track si apre con suggestivi echi, poi ritmo tirato con ritmica pulita e assoli distorti. Un brano nervoso, che riesce a trasmettere un senso di inquietudine, per poi dare respiro nel breve solo ritmico, prima di irrompere nel finale. "Victime of Love" è un brano costruito su accordi di piano e un'unica chitarra solista suonata da un Keith Scott in splendida forma. E' un crescendo di emozione che sfocia in un lungo e potente solo finale.

"Another Day" è un brano che ho sempre considerato minore, ma sicuramente piacevole, anche qui Adams imbraccia la chitarra solista. Ed eccoci arrivare alla perla dell'album e per me di tutta la discografia dell'artista: "Native Son", una canzone che dopo 13 anni di ascolti riesce ancora ad emozionarmi per 6 minuti. Avrei troppe parole da spendere. Da brividi il solo finale.
"Only The Strong Survive" è un rock energico e trascinante (200bpm!). Segue “Rebel” brano dal grande pathos dove il piano gioca il ruolo principale, ma è tutto fuorché una ballad. Irrompe "Remembrance Day", canzone che parla di guerra. Molto lavoro di basso e tempo insolito di batteria. Molto incisivo il coro nel ritornello.

"Hearts On Fire" è forse l'unico elemento un po' estraneo dell'album, dove ricompare il Bryan Adams più “leggero”, però ha un bel riff che ricorda molto quello di "House Arrest" del successivo album.
Si chiude con l'emozionante "Home Again", che conclude in bellezza l'album, tanto che si prova un senso di dispiacere quando la musica si spegne.

"Into The Fire" è un album per conoscere un lato meno noto del rocker canadese, non è il classico album con l'alternanza di lenti e pseudo-rock, di banali canzonette d'amore, ma autentiche "emozioni rock", suonato ed arrangiato molto bene.

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