Nel recensire il loro disco d'esordio, m'ero permesso di consigliare i Canned Heat agli amanti del bluesrock fine anni sessanta e della psichedelia. In generale, a chi fosse ancora attratto da suggestioni, tematiche e gusti che andarono per la maggiore nel '68 americano, californiano in primis. Nonostante non ne avessi - consciamente - l'intenzione, si prospettò l'ipotesi di un paragone, lo riconosco improbabile, tra gli Heat ed i Doors. Leggenda, questi ultimi, quasi dimenticati - perlomeno qui da noi - i primi.
L'abisso della cassa di risonanza tra le due bands (inevitabile, comunque, se ai Doors paragonassimo la quasi totalità di bands coeve) trova una miriade di giustificazioni, a cominciare dalle tematiche affrontate da Morrison nei suoi brani, senza dubbio fondamentali alla creazione del mito del re lucertola. Quella serietà d'intenti, quella "allucinata lucidità" hanno reso Morrison non solo la rock star mondiale che sempre fu, ma soprattutto quella sorta di guru di una religione light che trasferiva la sapienza orientale (o estratti di essa: è pur sempre una religione "light"), trasferendoli e piegandoli agli standards di vita dell'occidente del mondo. Questo ai Canned Heat ed a quasi tutti gli altri manca sicuramente, e la morte del grandissimo Alan "Blind Owl" Wilson, vocalist sublime nonché superlativo musicista, anima tormentata e pollice verde da wiccan, sebbene anch'essa avvolta nel mistero, non può e non potrà mai essere paragonata a quella di colui che posa nei posters di mezza popolazione planetaria.
I dischi dei tra l'altro iperprolifici Canned Heat, perdipiù, sono quasi del tutto infarciti di covers, ed i brani da essi composti, sebbene pressoché di pregevole livello, sono quasi sempre in minoranza. Come si può dunque paragonare una band ad una proto-cover band?
In ultimo, mentre i Doors furono quattro persone quattro, i Canned Heat sono stati prevalentemente un collettivo, una comitiva: Larry "The Mole" Taylor, il batterista, se ne va dopo due anni per suonare con John Mayall; il chitarrista Harvey Mandel viene dopo, se ne va con Taylor a suonare con John Mayall e sporadicamente ritorna; The Bear Hite conta tre pezzi a disco; ogni tanto suona suo fratello. "Sunflower" Vestine ha già lasciato la band nel 1970 ma torna per suonare con John Lee Hooker e qualcos altro ancora... Che razza di band è, se ci aggiungiamo pure la morte del Gufo? Come si fa a considerare questa una band vera? E come la si può paragonare alle altre?

Qui siamo a pochi mesi dalla morte di Wilson; senza di lui e senza Vestine il girasole, i Canned Heat sono praticamente senza chitarre e con un solo vocalist. Allora torna in loro soccorso Harvey Mandel ma non basta: gli Heat "convocano" Joel Scott-Hill, protagonista in gruppetti anni sessanta che rispondono ai monicker di Strangers ed Invaders, e che allo scadere del contratto con gli Heat, andrà a rinforzare a parametro zero i Flying Burrito Brothers.
"Historical Figures And Ancient Heads" è un disco per partire, in qualunque modo, qualunque fosse la strada da lì in poi. La band, un po' come capitò per i Velvet Underground di "Loaded", pare fare grande affidamento sulla new entry, il quale si districa bene nelle ballads piano driven, pezzi vecchio stile proprio per come te li hanno sempre propinati, e la band lascia persino che una delle due "non-covers", il boogie-woogie strumentale "Hill's Stomp" sia firmata da lui (vabbè, il titolo già di per sé è eloquente). L'altra "non cover", la conclusiva "Utah" è firmata dai Canned Heat per intero... Si, ma chi erano i Canned Heat?
I brani tutto sommato sono buoni, a comunicare dal boogie "Hill's Stomp" e da "Utah", sporchissimo pseudo noise-blues, sordo, basato sull'infinito vuoto-pieno-vuoto di un solo riffazzo. Rock senza né tregua né ritornelli per "Chekoree Dance"; "Long Way From L.A." è un classico boogie corroborato da chitarrone corpose; c'è il funky psichedelico (avete capito bene) di "I Don't Care What You Tell Me", ed un gran pezzo cantato e suonato assieme a Little Richard, "Rockin' With The King", strofe boogie-rock e ritornelli rock n'roll.
E' bene intendersi: questo è un disco più che buono, abbastanza ben infarcito di roba dal decente in su, con un sapiente ricorrere a delle covers riadattate secondo un gusto che non è il caso di rimettere in discussione all'ottavo disco in cinque anni scarsi. Il centro della questione è il senso di un ritorno discografico a così poco tempo da uno stravolgimento simile. Il nocciolo della questione è realizzare il perché di una inspiegabile prolificità contro tutto e contro tutti. Non è celebrando il funerale del Gufo Cieco che si può considerare archiviata la pratica, per quindi decidere di mettere qualcun altro in line up.
Se, insomma, la band scrive un pezzo a disco, se "The Mole" ha lasciato, se il vocalist canta tre pezzi ad album, se "Sunflower" il chitarrista solista fa va' e vieni, mentre l'unico vero genio della compagine è salito in cielo poco prima, che senso ebbe continuare ad essere i Canned Heat?
Secondo me nessuno, con tutto il rispetto per i rincalzi e per la loro bravura.

Carico i commenti... con calma