Esistono musicisti/artisti dotati di una visione così radicale e anticonformista delle cose (o dell'Arte) da essere considerati criminali o attentatori all'umana decenza... Così testardi e fedeli alla propria arte viscerale da voler andare ad ogni costo contro ciò che la massa comune crede o pensa... Spesso sono proprio i migliori, coloro dotati di capacità e di facoltà semplicemente troppo fuori dal normale perchè la massa le possa cogliere e comprendere.
I Cannibal Corpse sono fra questi individui straordinari. Mostri sacri del death metal a stelle e strisce, musicisti dalle capacità tecniche semplicemente sovrumane (eccezion fatta per un Paul Mazurkiewicz che, onestamente, non mi ha mai impressionato) e artisti viscerali e violenti totalmente devoti ad un immaginario crudo, nichilista, perverso e disturbante di cui hanno fatto una bandiera e un motivo d'orgoglio da essere rigettati e aborriti dalla maggioranza dell'opinione musicale pubblica. I nostri hanno tuttavia sempre risposto con un alzata di dita medie e con dischi pubblicati con cadenze e regolarità dalla devozione quasi maniacale, completamente disinteressati ad ottenere qualsiasi tipo di consenso che vada al di fuori di quella fetta di fedelissimi appassionati della musica più violenta, pesante e indigesta che il mondo conosca.
C'è chi dice che il death metal non sia altro che rumore suonato a caso e che, per tali motivi, chiunque lo possa suonare. Quando sento simili cose, sento spesso il bisogno urgente di avere a portata di mano un apparato stereo di 600 watt per scatenare tutta la potenza tellurica di dischi come questo 'Kill', pubblicato nel 2006 e responsabile della rinnovata autorità che i cinque cannibali hanno saputo riconquistarsi in tempi recenti. Non che ne abbiano mai avuto bisogno, ma sappiamo fin troppo bene come incestuose e disgustanti scene musicali dall'integrità puttanesca abbiano fatto troppi scempi delle vecchie glorie perchè anche gli dei del metallo più immarcescibili non ne rimangano toccati.
'Kill' è l'ennesimo incudine di metallo incandescente che i cinque rimodellano e riforgiano ad ogni nuova uscita, cercando di raffinare quelle grezzosità che i vecchi tempi non consentivano di migliorare e cercando di instillare sempre di più strutture e metriche tecnicamente disturbanti per il semplice gusto della sperimentazione e della ricerca musicale. Il metal estremo è per natura refrattario alla diffusione su larga scala, ma ci sono opere che meriterebbero di essere conosciute da tutti, per la gioia di schiaffare in faccia ai ben pensanti un semplice 'no' o un più caustico 'vaffanculo'. 'Kill' è fra queste opere, e i Cannibal Corpse sono gli artigiani e i creatori di un mostro sonoro dal potenziale semplicemente straordinario.
Ci sono pochi modi di aprire un disco estremo che con un urlo ben assestato e George 'Corpsegrinder' Fisher lo sa fin troppo bene per tentare di cambiare strada. Il suo screaming è la chiave per un abisso di inumanità e cattiveria senza fine, i Cannibal Corpse sembrano intenzionati a raccogliere in un solo, piccolo compact disc tutto il marcio e la nefandezza del mondo per vomitarli fuori in un colpo solo, in una catarsi viscerale e depravata. Non ci sono cedimenti, nessuna sbavatura tecnica, i cinque sono compatti in una maniera spaventosa e il loro cantante è una bestia assetata di sangue. Poche cose sanno esprimere la rabbia più cieca e tetra, la furia senza controllo e l'aberrante muggito delle parti più oscure dell'animo umano meglio della musica dei Cannibal Corpse. Pochi musicisti sanno eguagliarli in tecnica, potenza e precisione.
Alex Webster, deus ex-machina del cadavere cannibale fin dalla sua nascita e artefice della gran parte della sfera concettuale che vi sta dietro, è un virtuoso delle quattro corde che fa davvero arrabbiare (sì, arrabbiare), perchè meriterebbe platee di musicisti mediocri e senza arte nè parte ai suoi piedi. Pat O'Brien è qualcosa che sfiora l'inumano, è stato forse lo strumento definitivo che ha completato il consolidarsi dei Cannibal Corpse come realtà tecnica intimidatoria, le sue parti ritmiche sono sferzate di allucinante precisione esecutiva, vi si percepisce una rabbia controllata ed una potenza creativa disumana che sembra dosare in gocce già di per sè letali, e i suoi solismi al confine fra rumorismo parossistico e melodie da manicomio criminale sono ciò che Kerry King non oserebbe neanche nelle sue più inusitate fantasie. Rob Barrett è il perfetto contraltare e il sostegno che tanta destabilizzante potenza creativa necessita, Paul Mazurkiewicz un batterista competente che ha il merito di aver tenuto duro nel gruppo fino adesso e George Fisher è il mattone finale, un nero Mefistofele col ghigno da stupratore che guida le tredici canzoni negli abissi più profondi dell'Inferno dello spirito umano.
Dischi come 'Kill' (e 'Reign In Blood' degli Slayer ne è stato il maestro definitivo) sembrano creati per testare i limiti dell'umana sopportazione e, se si arriva alla fine ('Infinite Misery', la strumentale finale, è un evocatrice di tale rovina e perversione da far vomitare) ci si arriva per chiedersi come hanno fatto quei cinque a suonarlo un disco del genere. Non lo so. Mi basta ringraziarli per esistere e per perorare fino alla fine la causa dell'intransigenza e dell'estremismo musicale con una fede e una devozione molto rare da trovare nelle band di oggi.
Grazie, ragazzi e scusate, ma devo prendermi una pausa, perchè dischi così non si possono ascoltare più di due volte al giorno.
Chi lo facesse sarebbe il vero pazzo...
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